Le due principali società scientifiche chirurgiche italiane lanciano il progetto Op2IMISE per sviluppare una metodologia di formazione standardizzata a livello nazionale per ottimizzare la qualità e l’efficienza della chirurgia
La chirurgia mininvasiva ha ormai dimostrato di avere il miglior rapporto costo-efficacia e di poter garantire ai pazienti maggiori vantaggi: minore trauma degli accessi chirurgici, tempi di recupero e di ospedalizzazione più brevi, dolore post-operatorio inferiore alle tecniche tradizionali, minore incidenza di complicanze associate a minori rischi intraoperatori grazie allo sviluppo delle tecniche di imaging. Tuttavia, in Italia l’uso della laparoscopia è tra i più bassi in Europa. Tra i fattori che hanno portato a questo basso utilizzo figurano gli scarsi investimenti economici e l’insufficiente dotazione tecnologica nelle strutture sanitarie, ma anche la mancata formazione dei giovani chirurghi. Ed è proprio questo il motivo che ha spinto le due maggiori società scientifiche chirurgiche italiane, ACOI (Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani) e SIC (Società Italiana di Chirurgia), a promuovere il progetto Op2IMISE (Open To Innovative Surgery Experience): nato in collaborazione con il Centro di ricerca e Studio della Sanità Pubblica (CESP) dell’Università degli Studi di Milano Bicocca e con il contributo incondizionato di Medtronic, il progetto intende sviluppare e applicare una metodologia standardizzata a livello nazionale di formazione per ottimizzare la qualità ed efficienza della chirurgia. Marco Montorsi, Presidente SIC, ha presentato il progetto in occasione de “Gli stati generali della chirurgia italiana”.
Professore, è stata posta l’attenzione su un tema fondamentale, quello della formazione in chirurgia, necessaria per fare progressi a beneficio non solo del paziente, ma anche del sistema sanitario.
«Certamente, l’ambizione di questo progetto è proprio quello di migliorare la penetrazione della chirurgia laparoscopica, utilizzata a macchia di leopardo nel nostro Paese, colmando quindi un gap ancora presente. In Italia ci sono dei centri eccellenti così come dei centri che soffrono, in cui c’è bisogno di formazione. Questo progetto intende essere il punto di partenza per far crescere una generazione di nuovi chirurghi che possano, nel giro di poco tempo, apprendere e far crescere la penetrazione di questa tecnica in Italia».
Un progetto che mira a estendere l’eccellenza e soprattutto a standardizzarla, per far sì che in tutta Italia questo modello di formazione sia distribuito in modo il più possibile uniforme.
«Esatto, i punti di forza sono proprio questi: due grandi società scientifiche, le maggiori del Paese, che si mettono insieme alle istituzioni e alle compagnie di device; un’accurata selezione dei partecipanti in modo tale da scegliere le persone con la maggior motivazione e con la maggior possibilità di successo; un percorso che continuerà negli anni successivi per monitorare che le tecniche insegnate poi vengano realmente apprese e realmente messe in opera nei diversi ospedali di lavoro».