La guardia resta alta: ora gli esperti temono per la Cina. Quarantena italiana per militari Usa
La buona notizia, diramata dall’Oms, è che secondo le statistiche il propagarsi di Ebola avrebbe subito un lieve rallentamento, almeno per quanto riguarda la Liberia. Merito di una migliorata gestione dell’emergenza, e segno che le massicce campagne informative per la prevenzione in loco stanno dando i loro frutti.
Il monito è però quello di non abbassare la guardia: una rondine non fa primavera, e l’emergenza, purtroppo, non volge affatto al termine. In Sierra Leone si è registrato un incremento dei contagi, e addirittura, a breve, Ebola potrebbe sbarcare in Cina. L’allarme è stato lanciato da Peter Piot, direttore della London School of Hygiene and Tropical Medicine, uno degli esperti che per primi hanno studiato il virus, ed è fondato su due fattori: da un lato, sono migliaia i cinesi che lavorano in Africa, nelle zone in cui ha avuto origine il contagio; dall’altro, le misure precauzionali attive all’aeroporto di Hong Kong, nei confronti dei passeggeri in arrivo dalle aree colpite, risultano del tutto inadeguate.
Sul fronte occidentale, invece, ha destato sconcerto la decisione del Pentagono di mettere in quarantena undici militari e un generale delle forze armate statunitensi presso la base americana di Vicenza, dove rimarranno per 21 giorni (il periodo di incubazione della malattia). Come confermato anche dalle autorità italiane, il personale in isolamento è rientrato di recente dalla Liberia, dove avrebbe svolto per 30 giorni operazioni di supporto al personale sanitario impegnato a combattere la malattia, e nella costruzione di infrastrutture sanitarie, senza entrare in contatto diretto con pazienti o con la popolazione locale. La decisione è quindi stata presa nonostante il basso rischio di infezione, e nonostante nessuno dei militari presenti attualmente i sintomi della malattia. Inutile dirlo, il malcontento della popolazione vicentina è tangibile.
Intanto, si fanno passi avanti nella ricerca di un vaccino: via libera ai test clinici in Svizzera per la promettente soluzione “tricolore” prodotto dal team italiano dell’azienda Okairos . Il preparato sarà somministrato a 120 individui, per testarne la sicurezza e la capacità di indurre una risposta immunitaria: il trial è l’ultimo di una serie di sperimentazioni cliniche in corso in Mali, Gran Bretagna e Usa. Se tutto fila liscio, la formulazione ufficiale potrebbe essere pronta – e disponibile su larga scala – all’inizio del 2015.