Cresce l’insoddisfazione degli italiani, arrivata al 32,2%, oltre il 50% al Sud. Il curatore: “C’è stato un taglio dei costi ma non una riorganizzazione dei servizi”. In calo la spesa sanitaria in percentuale sul Pil, dato sotto la media dei paesi europei
Dei tanti dati contenuti nell’ultimo rapporto “Ospedali & Salute 2017” promosso dall’Associazione italiana ospedalità privata (Aiop) e presentato alla Biblioteca del Senato, i più significativi sono quelli che registrano la crescente insoddisfazione degli italiani verso il Sistema Sanitario Nazionale, che passa dal 21,3% rilevato nel 2015 al 32,2% nel 2017, percentuale che sale al 51,3% nel Mezzogiorno.
Il peggioramento del trattamento dei pazienti, in particolare nelle strutture ospedaliere pubbliche, viene percepito in crescita, con riferimento agli ultimi 2 anni, passando dal 15,2% del 2015 al 18% del 2017. Un fenomeno che spesso porta tanti cittadini a rinunciare alle prestazioni sanitarie: nel 2017 ha preso questa decisione il 26,8% degli aventi bisogno. In questo quadro, il ricorso a ospedali privati accreditati o a cliniche private a pagamento, in alternativa alle strutture pubbliche, risulta essere una decisione che si stabilizza, negli ultimi 3 anni, attorno al 41% dei caregiver per la prima scelta e al 20% per la seconda.
«Il dato più importante – spiega il professor Nadio Delai, curatore del rapporto realizzato dalla società Ermeneia-Studi & Strategie di Sistema – è il peggioramento in crescita negli ultimi tre anni del sistema di prestazioni. Gli utenti reagiscono mettendo in evidenza il disagio crescente. Disagio nella frequentazione degli ospedali, nei servizi di assistenza, che mostrano in tre anni un peggioramento evidente. Come se si fosse accumulato nel corso della crisi, a partire dalla spending review fino ad oggi, un taglio di costi ma non una riorganizzazione dei servizi. Questo è il dato forte. Il secondo è che gli utenti cercano di arrangiarsi come possono, cercano soluzioni, si muovono. Se non si trovano bene nell’ospedale pubblico cercano nel privato, se non si trovano bene in un ospedale di una regione cercano di andare in altre regioni. Sono più consapevoli delle possibilità di scelta tra pubblico e privato accreditato. Quindi sono diventati più bravi nel corso degli anni a capire. Qualcuno va anche all’estero. Naturalmente dietro questo c’è un sistema gestionale, che tutti gli anni esaminiamo e che, anche quest’anno, abbiamo fatto esaminando i bilanci e i conti economici delle aziende ospedaliere. Abbiamo rilevato quattro fondamentali anomalie, una delle quali è servita per capire quanta inefficienza di fondo c’è nella voce ‘attività funzione’ che è una grande voce contenitore che può raggiungere anche il 60, il 70, l’80 per cento del bilancio. È una voce dentro cui possono nascondersi anche dei ripianamenti impliciti di bilancio».
IL RAPPORTO OSPEDALI E SALUTE 2017
Anche il rapporto con il medico di famiglia vive una stagione poco felice: nell’ultimo triennio si passa dal 27,2% al 32,9% di pazienti insoddisfatti rispetto alle informazioni sulla scelta dell’ospedale ricevute dal proprio medico.
Per quanto riguarda in particolare l’utilizzo di strutture ospedaliere presenti in altre regioni rispetto a quella di residenza, i caregiver intervistati che hanno fatto o sono orientati a fare concretamente tale esperienza o a prenderla in considerazione in caso di bisogno, erano il 28,2% nel 2016, ma diventano il 47,7% nel 2017: tale orientamento viene del resto confermato dai dati della mobilità sanitaria, espressa attraverso il numero dei ricoveri extra-regione sul totale dei ricoveri nazionali, che sale dall’8,2% del 2010 all’8,9% del 2014 e al 9,2% del 2015, mentre diminuisce il totale dei ricoveri nella misura del 18,7%. Infine, il report segnala la scarsa o nulla sensazione di “essere messi al centro” come pazienti, espressa dal 19,3% del campione nel 2014 e dal 32,4% nel 2017 (41,3% nel Mezzogiorno).
Altra nota dolente, le liste d’attesa: troppo lungo l’iter per l’accesso ai servizi, poiché non c’era posto al momento del bisogno. Il peggioramento è evidente se si considera che il 24,2% degli intervistati era di questa opinione nel 2014, ma sale al 54,1% nel 2017.
La spesa sanitaria pubblica totale è aumentata del 14,2% nello stesso periodo, mentre accelera anche la spesa sanitaria out-of-pocket, cioè la spesa sanitaria privata. Al contempo diminuisce la percentuale della spesa sanitaria pubblica in percentuale al Pil: il dato italiano è inferiore alla media dei paesi europei.
«Oggi siamo in bilico – spiega Delai – abbiamo avuto 40 anni di Sistema Sanitario Nazionale di tipo pubblico. Certamente niente è eterno nella vita, l’erosione progressiva oggi è un dato di fatto e quindi bisogna avere la forza di ridiscutere questo sistema integrandolo, non sostituendolo. Ciò vuol dire che c’è bisogno di una assunzione di responsabilità più ampia da parte di più soggetti: le famiglie, i pazienti, i sistemi di impresa con tutto il welfare d’impresa e la mutualità. Dobbiamo creare un neo welfare che abbia più sponde e più soggetti perché è chiaro che il sistema pubblico non può assicurare tutto a tutti e non si può neanche dire ai cittadini di arrangiarsi come possono».