Lavoro e Professioni 19 Gennaio 2018 14:16

Il futuro dell’odontoiatria mondiale parla italiano: si chiama Giuseppe Cicero ed è stato premiato da Forbes…

Non solo cervelli in fuga. Giuseppe Cicero, 28 anni, è stato selezionato dalla prestigiosa rivista tra i 30 giovani più influenti in campo medico in Europa: «Ho sviluppato una tecnologia che consente di stampare il modello 3D di tac e radiografie»

Il futuro dell’odontoiatria mondiale parla italiano: si chiama Giuseppe Cicero ed è stato premiato da Forbes…

Ha appena compiuto 28 anni, vive e lavora tra Roma e gli Stati Uniti, è uno dei parodontologi più giovani d’America ed è stato selezionato dalla rivista Forbes tra i 30 giovani più influenti in campo medico in Europa. Un ottimo curriculum quello di Giuseppe Cicero, nel quale si distingue in particolare lo sviluppo di protocolli clinici innovativi per la rigenerazione di tessuti duri e molli nella zona estetica, introducendo l’applicazione della tecnologia della stampante 3D.

«Sono estremamente onorato di ricevere un riconoscimento così importante da Forbes – commenta a Sanità Informazione, che ha incontrato il dottor Cicero nel suo studio di Roma -. Per me è un’ulteriore spinta a continuare su questa strada». Il 22 gennaio il dottor Cicero è volato a Londra per partecipare alla presentazione della prestigiosa classifica ufficiale di Forbes dei “30 under 30 Europe list”: i trenta non ancora trentenni che determineranno il cambiamento della medicina. «Una sorta di club super esclusivo che ti permette di aprire innumerevoli porte».

È proprio la tecnologia Oral 3D, ideata e sviluppata da Cicero, ad avere catturato l’attenzione di Forbes, e non solo: si tratta di un software che tramite pochi click consente di convertire radiografie e tac in modelli 3D, utili al chirurgo per capire come intervenire al meglio e al paziente per vedere cosa succederà all’interno della propria bocca.

«Il paziente – spiega il dottore – arriva nel nostro studio, fa una tac, nel mio caso per terapie implantari e di rigenerazione ossea, e poche ore dopo riusciamo ad avere un modello in 3D dell’osso del paziente. Utilizzando questo modello riusciamo quindi a comunicare con i nostri pazienti e a vedere cosa c’è sotto la gengiva, cosa che fino ad oggi non era possibile. Pensate che le chirurgie di rigenerazione ossea possono durare anche 9 mesi e il paziente non sa bene cosa sta succedendo. Con il modello, invece, riusciamo a monitorare l’intero processo e a fargli vedere tutti gli step, prima, dopo e durante le chirurgie. Allo stesso tempo si tratta di un device estremamente importante per il chirurgo che in questo modo riesce a modellare ed avere tutto pronto su misura prima di aprire il sito implantare o il sito della rigenerazione ossea, evitando eventuali sorprese. Si assicurano così maggiore rapidità e maggiore precisione».

«Guardi che questo ragazzo mi ha cambiato la vita – interviene una paziente che sta aspettando il dottor Cicero per un impianto -. Quella stampante 3D mi ha permesso di passare da protesi mobile a protesi fissa, e le assicuro che ora vivo un’altra vita. Ha permesso di superare il fatto di essere vecchi».

Sono nate a New York queste idee sulla stampa 3D, «forse anche grazie all’energia della Grande Mela», dove il dottor Cicero è arrivato quando, dopo la laurea conseguita all’Università Tor Vergata di Roma, è stato ammesso al programma di parodontologia clinica della New York University, «uno dei migliori al mondo. Ma in realtà – prosegue – sin dai primi anni di università ero convinto di continuare gli studi all’estero, anche se non sapevo dove né in quale specialità. Poi mi sono appassionato al campo della parodontologia e sono riuscito, a 27 anni, a diventare uno dei parodontologi più giovani in America».

Il dottor Cicero, tuttavia, non si sente un ‘cervello in fuga’: continua infatti a lavorare nello studio di famiglia di Roma, dove torna ogni mese per dieci giorni, oltre che ad esercitare la libera professione nel Rhode Island. Ma è proprio l’esperienza formativa maturata in America e in Spagna, dove Cicero ha studiato e dove oggi insegna, che gli consente di paragonare i sistemi formativi dei diversi Paesi: «Sicuramente in Italia siamo molto forti sul piano accademico, noi siamo formati benissimo. Ma quello che manca e che ho integrato in America è la parte clinica: in Italia non abbiamo a disposizione sufficienti strutture dove gli specializzandi possono esercitare o fare chirurgie complesse. Molte delle tecniche che utilizzo oggi le ho imparate negli Stati Uniti. Io in particolare ho avuto la fortuna di studiare a Manhattan, dove incontravo tantissimi pazienti con i problemi più disparati, e questo mi ha permesso di imparare ad affrontare quasi tutti i tipi di complicazioni che si possono incontrare nel campo della parodontologia e dell’implantologia».

«E poi sicuramente in America si crede molto di più nei giovani. Per me è un onore poter già operare in privato ed avere una mia clientela, cosa che magari in Italia per un ventisettenne è più complicato». Quali sono allora i consigli che si sente di dare ad un giovane aspirante medico italiano che sta incontrando delle difficoltà nel suo percorso? «Io so benissimo che non è semplice andare all’estero, sono studi estremamente cari e sicuramente se non si ha un supporto della propria famiglia è ancora più complicato. Ma se si ha una passione vera, un sogno o un’idea valida in cui si crede realmente, allora bisogna preparare la valigia ed inseguire questo sogno, anche a costo di enormi sacrifici. Sarà una frase scontata, ma se si insiste sulle proprie idee e si inseguono i propri sogni, con duro lavoro e con perseveranza si riescono ad ottenere grandissimi risultati».

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