«Abbiamo usato una nuova metodologia che combina studio delle proteine e mutazioni genetiche», sottolinea il ricercatore friulano. Anche il Centro Pancreas del San Raffaele ha collaborato alla ricerca. Balzano (Centro Pancreas): «Test apre una finestra sul futuro»
The CancerSeek, il test del sangue per diagnosticare precocemente i tumori messo a punto da un team dell’università Johns Hopkins University di Baltimora e pubblicato su Science, parla anche italiano. Merito di Cristian Tomasetti, goriziano, padre dell’algoritmo sviluppato per il test e professore associato della Johns Hopkins University.
«Il fatto di aver messo insieme tutti questi tumori e di analizzarli sia con le mutazioni che con le proteine è una cosa importante – spiega a Sanità Informazione Tomasetti -. Mi aspetto in futuro che si possano aggiungere anche elementi di epigenetica. L’idea di usare diverse variabili per trovare il cancro andrà a cambiare in generale l’approccio a questo problema».
Tomasetti è il classico ‘cervello in fuga’. Laureato in matematica in Italia, ha poi deciso di specializzarsi ad Harvard in Statistica. Non è la prima volta che contribuisce a studi importanti sul cancro: nel 2015 fu l’autore dello studio sulla casualità delle mutazioni genetiche che sono all’origine dei tumori.
Il test utilizza due diversi tipi di marcatori per l’identificazione dei tumori: Dna e proteine. È pensato per valutare la presenza di mutazioni (nel Dna) di 16 geni correlati al cancro e misurare i livelli di otto proteine, considerate marcatori di alcune forme tumorali.
«La metodologia per trovare il cancro – spiega Tomasetti – è un po’ nuova rispetto a quello che già si stava usando. L’analisi delle proteine è qualcosa che si era provata già decenni fa con risultati non ottimali. In questo studio si è unita questa metodologia e la si è messa insieme con quella sui geni che diversi gruppi stanno provando in questo momento. Il risultato è stato un ‘uovo di Colombo’ dal punto di vista scientifico: il successo è arrivato da questo approccio matematico, basato sul metodo probabilistico. Si sapeva che le proteine potessero essere utili ma l’idea nuova è stata quella di combinarla insieme con le mutazioni genetiche».
Tomasetti sottolinea i due punti di forza dello studio: l’elevato numero di pazienti su cui si è lavorato (2mila) e, novità assoluta, il fatto che il metodo è in grado, analizzando la mutazione delle proteine, di individuare con una certa accuratezza il tessuto di origine del cancro.
A quella che potrebbe essere una delle scoperte più importanti del 2018 ha lavorato però anche l’Unità Funzionale di Chirurgia Pancreatica dell’Istituto Scientifico Ospedale S. Raffaele che è stata chiamata a fornire materiale e documentazione sul tumore del pancreas.
«Questo test ci apre una finestra su come sarà il futuro – spiega a Sanità Informazione Giampaolo Balzano, responsabile dell’Unità Funzionale di Chirurgia Pancreatica del San Raffaele -. Anche se non penso sia un test che entrerà nell’armamentario del servizio sanitario, potrà avere un impatto importante sugli screening, soprattutto nelle popolazioni a rischio».
Secondo Balzano il Sistema Sanitario Nazionale potrebbe approvarlo per i soggetti geneticamente predisposti, come nel caso, ormai celebre, di Angelina Jolie.
LEGGI ANCHE: CURARSI PRIMA DELL’ARRIVO DELLA MALATTIA? CON LA MEDICINA PREDITTIVA E IL DIGITALE…
«L’obiettivo – aggiunge Balzano – è quello di scovare il tumore in una fase ancora più precoce di quello che si prefigge questo test. Certo, se uno fa un test e scopre un tumore quando non ha i sintomi è cosa positiva, anche se magari i sintomi sarebbero comparsi nel giro di qualche mese. Ma il nostro obiettivo, per noi che ci occupiamo di curare queste malattie, è quello di identificarle ancora prima. Nel caso del pancreas, ad esempio, le metastasi spesso non sono visibili e si scoprono solo dopo l’operazione».
«Questo test – conclude Balzano – è la realizzazione di qualcosa che sarà molto concreto tra dieci anni. Negli ultimi anni si è capito che nel sangue ci sono un sacco di cose che vengono rilasciate dal tumore che prima non si conoscevano. Quello che succederà in futuro è che la nostra conoscenza nell’ambito della presenza di frammenti di materiali presenti nel sangue in relazione al tumore sarà ancora più approfondita. Da sottolineare anche l’accuratezza del test che può dare solo falsi negativi, ma non falsi positivi. Se il test dice che c’è un tumore non si sbaglia. La possibilità di sbagliare, cioè di falsi positivi, è bassissima, e questo nelle categorie degli esami di screening è la cosa più importante».