L’attore protagonista de “La Linea Verticale”, la serie firmata da Mattia Torre, si è calato nei panni di un paziente con cancro al rene. Parla ai nostri microfoni della sua esperienza sul set e di come questa gli abbia fatto vedere la sanità italiana in un modo diverso
«La buona sanità che raccontiamo con la nostra serie non deve essere un’eccezione ma la regola». A parlare è Valerio Mastandrea, attore romano che ne “La Linea Verticale” (fiction in onda su Rai Tre scritta e diretta da Mattia Torre, già padre di Boris) interpreta Luigi, paziente affetto da cancro al rene. La serie percorre la vita quotidiana del reparto di urologia oncologica di un ospedale italiano e racconta, in un contesto al tempo stesso drammatico e ironico, la malattia come occasione di crescita, di apprendimento e di riscatto.
Prestazione di attore eccezionale, quella di Mastandrea, che ai nostri microfoni confessa come, in realtà, non sia stato poi così difficile calarsi nella parte del paziente oncologico: «La storia che raccontiamo è autobiografica e la conoscevo molto bene. Ho parlato molto con Mattia, che ha scritto il copione dopo aver passato le stesse cose di Luigi. Per questo possiamo dire che, a differenza di altre volte, avevo molte più informazioni. È stato un viaggio semplice, tra virgolette. Beh, mica tanto…».
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Nata appunto da un’esperienza autobiografica – quella del regista e sceneggiatore Torre –, “La Linea Verticale” vuole raccontare, nell’Italia di oggi, un reparto oncologico di un ospedale pubblico di assoluta eccellenza. Un tipo di realtà che in Italia esiste ma che spesso viene messa in secondo piano da un racconto mediatico che privilegia il lato negativo della sanità: «Senza dubbio – ci spiega ancora Mastandrea –, quella di Mattia Torre è stata un’esperienza fortunata, e non soltanto per gli aspetti tecnici. È stato molto fortunato ad aver incontrato un istituto di quel tipo, una vera eccellenza, e un personale di quel livello».
Ma il supporto prettamente sanitario a volte può non bastare, se dietro non c’è anche un supporto umano che negli ospedali di oggi è a volte molto difficile da trovare. Nella “Linea Verticale” questo supporto non manca, così come non è mancato a Torre quando ad essere ricoverato era lui: «Mattia è stato molto fortunato anche dal punto di vista degli affetti – rivela ancora Mastandrea –. Penso spesso a chi nella vita non ha nessuno e incappa in una situazione meno fortunata. Ecco, credo che sarebbe opportuno non parlare più di “fortuna” quando bisogna curare le persone e spero che prima o poi diventino consuetudine sia il fatto di trovare sempre il meglio della sanità, sia la possibilità di essere curati tutti. Questo è il mio pensiero e, credo, quello di chiunque abbia almeno un po’ di coscienza civile».