Le strutture sono pronte, ma intanto continua il dibattito sui ticket
Il Lazio colma il suo ritardo e si pone ai blocchi di partenza sulla fecondazione eterologa. Le regole che d’ora in poi disciplineranno la procreazione assistita, omologa ed eterologa, sono state deliberate nei giorni scorsi dalla giunta regionale, e ricalcano fedelmente le linee guida approvate di recente dalla Conferenza Stato – Regioni.
Dal limite dei 43 anni d’età per la donna, al tetto massimo di tre cicli cui ci si potrà sottoporre in strutture pubbliche, che saranno 7 su un totale di 21 centri operativi.
A Roma è già attivo il Sant’Anna, mentre il San Filippo e il Pertini attendono dei certificati. Già definite le autorizzazioni di San Camillo, Gemelli, S. Maria Goretti di Latina e del Policlinico Umberto I di Roma, per arrivare a regime entro fine anno, nonostante il Gemelli abbia annunciato di non voler praticare l’eterologa. Il modello sarà simile a quello toscano, con la previsione di ticket di cui però non si conosce ancora il valore esatto: la cifra è infatti soggetta ad un gran numero di variabili, tenendo presente che la Regione Lazio è commissariata, e che per gli aspetti tecnici ci si dovrà confrontare con il governo, anche per trovare un accordo su una soluzione uniforme con le altre Regioni che hanno optato per lo stesso metodo.
Un intervento necessario per evitare l’emigrazione coatta dei pazienti verso Regioni più “economiche”. Per fare un confronto, in Liguria il ticket è calcolato su base reddituale, mentre nel Lazio il ticket per sottoporsi alla fecondazione omologa è di 1800 euro: non è escluso che questa cifra possa costituire una base di partenza per quella eterologa. E poi, la voce fuori dal coro – quella del Movimento per la Vita – contro il ticket per chi ricorre all’eterologa: una crociata ideologica secondo cui la sterilità non sarebbe una patologia, ma una condizione, e avere un figlio non sarebbe un diritto, ma un desiderio.