Per la giornata mondiale la Lega italiana contro l’Epilessia ha curato una Guida e ha attivato il ‘telefono viola’ a cui rispondono i più esperti epilettologi italiani. I monumenti saranno illuminati di viola. Il neurologo Danilo Toni (Umberto I): «Oggi malattia gestibile grazie a farmaci con meno effetti collaterali sulle funzioni cognitive»
Ne soffrono 500mila italiani e circa l’1% della popolazione mondiale, 30mila i nuovi casi ogni anno. In passato anche persone come Giulio Cesare, Napoleone e Van Gogh hanno avuto questa malattia. Eppure se ne parla ancora poco, colpa forse di un radicato pregiudizio che spinge molti a considerarla una malattia mentale. È l’epilessia, disturbo neurologico i cui picchi di comparsa si manifestano nei primi due anni di vita e per il 30% dei casi dopo i 70 anni, con conseguenze pesanti per le implicazioni psico-sociali che ne derivano. Oggi si celebra la Giornata Mondiale dell’Epilessia, hashtag #EpilepsyDay, e in Italia la LICE, Lega Italiana Contro l’Epilessia, ha messo in campo una serie di iniziative importanti. È stato attivato il ‘telefono viola per l’epilessia’, un numero verde, 800 595 496, attivo oggi dalle 10 alle 17, al quale risponderanno i più esperti epilettologi. Molti monumenti saranno inoltre illuminati di viola in tutta Italia per manifestare la solidarietà ai pazienti e ai loro caregivers. Lo slogan scelto dalla LICE è “Non aver paura della crisi sapendo cosa fare” e pone l’attenzione sull’importanza della corretta assistenza del paziente durante la crisi epilettica.
Oggi al Policlinico Umberto I è stata presentata la nuova Guida alle Epilessie nel corso dell’evento “Facciamo il punto sull’epilessia”, occasione per imparare a conoscere la patologia i cui sintomi principali sono convulsioni, irrigidimento del corpo e perdita di coscienza. L’epilessia si considera risolta quando non si manifestano crisi da almeno dieci anni e non si assumono più farmaci da almeno cinque. In occasione dell’incontro al Policlinico è stato ricordato il protocollo da seguire in caso di crisi: bisogna restare calmi, evitando agitazione e panico; posizionare qualcosa di morbido sotto la testa; non inserire mai oggetti nella bocca; non cercare di tenere ferma la persona durante la crisi, ma girarla di lato per far defluire i liquidi dalla bocca e misurare la durata della crisi: se va oltre i cinque minuti bisogna chiamare l’ambulanza.
«Sull’epilessia c’è ancora tanta cattiva informazione – spiega a Sanità Informazione il professor Mauro Brinciotti, del Dipartimento di Pediatria e Neuropsichiatria Infantile dell’Università “La Sapienza” di Roma – Il primo mito da sfatare è che sia una malattia inguaribile: non lo è soprattutto nelle forme che esordiscono nel bambino che spesso non hanno un danno strutturale, tendono a guarire dopo un certo tempo, perché l’epilessia è anche legata all’immaturità celebrale probabilmente anche su base genetica, quindi queste forme rispetto a quelle dell’adulto possono guarire. L’altro mito da sfatare è che l’epilessia non è una malattia mentale: alla base dello stigma c’è proprio questa percezione che è qualcosa che riguarda il cervello, che sia una malattia della mente mentre invece si tratta della sfera neurologica».
“La ricerca farmacologica ci sta consegnando via via farmaci sempre più efficaci ma soprattutto sicuri, è questa la frontiera principale delle evoluzioni nel tempo – spiega il neurologo Danilo Toni, Direttore dell’Unità di Neurologia d’urgenza del Policlinico Umberto I di Roma – Ci sono farmaci con meno effetti collaterali sulle funzioni cognitive, meno effetti collaterali anche da un punto di vista cardiologico, meno interazioni con altri farmaci. Abbiamo a disposizione delle molecole decisamente interessanti che ci consentono di gestire questa patologia che è cronica in maniera efficace e sicura con un limite minimo di effetti collaterali accettabile per questi pazienti».
Spesso le persone colpite da questa malattia tendono a nascondere la malattia e a sviluppare un disagio sociale e psichico ma bisogna ricordare che l’epilessia non lede le capacità intellettive, né il rendimento nella vita pratica.
«Nei pazienti e nei familiari spesso si sviluppa una sensazione quasi di vergogna, una tendenza a nascondere – continua il professore Danilo Toni – Nell’epilessia c’è un retaggio culturale antichissimo, era considerato un ‘male sacro’, come fosse una sorta di maledizione divina. Fortunatamente le cose stanno cambiando però diciamo che è un po’ nel Dna culturale di tutti noi cercare di vivere in maniera appartata. Questo è uno svantaggio perché invece è importante far parte di una comunità. La formazione, l’informazione sono fondamentali».