Marco Iosa (IRCSS Santa Lucia) presenta a Sanità Informazione il progetto di ricerca sperimentale “Sonic Hand”: «Sfruttiamo la musica per rafforzare le capacità cognitivo-motorie del paziente»
Risveglia la memoria ed il linguaggio in pazienti affetti da malattie neurodegenerative, controlla l’agitazione associata alle demenze e riduce stati d’ansia e depressione. Sono solo alcuni dei benefici comprovati da moltissime ricerche e studi sulla musicoterapia.
La musica infatti, rappresenta uno strumento terapeutico nel trattamento di varie patologie: dal supporto in gravidanza all’autismo, passando per la tangoterapia nel trattamento del morbo di Parkinson, fino ad arrivare alla gestione di disabilità più gravi, demenze ed ictus.
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«La modalità di applicazione della musica come forma terapeutica è molto varia perché copre un ventaglio ampio di possibilità – spiega Marco Iosa, ricercatore in neurofisiologia alla Fondazione Santa Lucia IRCCS ed esperto di nuove tecnologie per la neuroriabilitazione -. C’è un famoso studio sui benefici della tangoterapia nella cura del morbo di Parkinson: i pazienti, ballando a coppie il tango, presentavano miglioramenti nella mobilità e nell’equilibrio». Ma i vantaggi si estendono anche agli aspetti cognitivi, psicologici e psicosomatici. «Far ascoltare melodie opportune a persone con compromissione della memoria e ai malati d’Alzheimer ha una doppia finalità – prosegue Marco Iosa – funziona da “stabilizzatore dell’umore” e potenzia la memoria. Infatti, riduce stress e ansia attenuando fenomeni psichici che possono sfociare in comportamenti aggressivi e, l’ascolto di brani cari legati a ricordi di vita positivi, stimola aree della memoria diverse da quelle danneggiate dalla malattia».
Il progetto a cui sta lavorando Marco Iosa si chiama Sonic Hand, è realizzato dalla Fondazione Santa Lucia e coordinato dal professor Alfredo Raglio che si occupa di musica in ambito riabilitativo presso la Fondazione Maugeri di Pavia. «Lo studio è rivolto a chi ha avuto un danno cognitivo-motorio provocato da un ictus; la distinzione tra danno cognitivo e danno motorio in questi pazienti è una semplificazione, i danni sono su entrambi gli aspetti e strettamente interconnessi. Stiamo cercando di “sonificare” il movimento per rafforzarlo: dare un biofeedback al paziente che quando si muove produce un suono. Un sensore registra i movimenti della mano e produce suoni che si possono associare ai movimenti del malato che riceve un rinforzo positivo – chiarisce Iosa -. La melodia, l’intensità e il ritmo vengono regolate da come si muove: più il movimento è fluido e ben coordinato più il suono è armonico – spiega -. Spesso, infatti, la patologia genera un deficit che fa sì che la mano sia chiusa a pugno e sia necessario riabilitare la funzione dell’apertura della mano. In questo caso, il paziente la poggia su un supporto trasparente sotto il quale vi è il Sonic Hand, che associa un suono armonioso, positivo e di potenziamento alla divaricazione delle dita, ossia il movimento che deve recuperare. Abbiamo già riscontrato buoni risultati, ma vorremo avere un campione ancora più ampio per poter promuovere questo tipo di terapia, tra l’altro a basso costo, a livello scientifico e a livello mondiale» conclude l’esperto.
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