Il nuovo Presidente dell’Ordine Vincenzo D’Anna: «Se lo Stato impone l’obbligo delle vaccinazioni deve assicurare i genitori che non ci siano complicanze gravi. Oggi invece ci sono molti casi di reazioni avverse». Poi ricorda l’evoluzione della figura del biologo e gli obiettivi del suo mandato
È iniziato con un filmato di Gary Cooper il Convegno organizzato dall’Ordine Nazionale dei Biologi per il suo cinquantenario. «Non parleremo di politica o della legittimità dell’obbligo dei vaccini», esordisce il Presidente dell’Ordine Vincenzo D’Anna. Eppure è impossibile non parlarne: appena presentato, il programma del convegno è stato additato come un incontro di No Vax, vista la presenza di ricercatori e scienziati, tra cui spicca il premio Nobel Luc Montagnier, che hanno espresso perplessità sui vaccini. Nel corso del suo intervento, Montagnier si è detto non contrario ai vaccini, ma dubbioso della loro sicurezza, soprattutto per i bambini sotto i due anni di vita. Intervento conclusosi con lunghi applausi e una standing ovation della platea.
«Primum non nocere», si legge in una slide mostrata; a seguire, il principio di precauzione, evoluzione del principio di Ippocrate, enunciato nel 1992 dalla dichiarazione ONU di Rio de Janeiro: «Non ho votato la Legge Lorenzin sull’obbligo vaccinale perché ritengo che laddove lo Stato imponga un obbligo, debba garantire che non ci sia un rischio – dichiara il Presidente D’Anna ai microfoni di Sanità Informazione -. Se impongo alle mamme e papà di vaccinare i bambini devo poter anche assicurare che questa pratica medica non abbia delle complicanze gravi, e ad oggi ci sono molte perplessità e molti casi di reazioni avverse».
«Dopodiché – ci tiene a sottolineare il Presidente – non è assolutamente un convegno No Vax. Forse abbiamo invitato, in perfetta buona fede, persone che avevano assunto posizioni di perplessità, e non di contrarietà, sui vaccini, e che si sono ritrovate qui tutte insieme».
Ma i vaccini non sono l’unico argomento affrontato dal convegno internazionale, svoltosi presso il Grand Hotel Parco dei Principi di Roma davanti a circa 400 persone: «Parliamo di nanoparticelle – spiega D’Anna -, dell’influenza dei campi elettromagnetici sulla salute dell’uomo, di biologia teoretica, di metagenomica, di inquinamento ambientale e di bioetica, per citare alcuni dei temi».
Un programma che esprime quindi l’evoluzione che la biologia ha avuto negli ultimi 50 anni: «Nel 1967 la biologia era semisconosciuta, la si considerava una branca delle scienze naturali – ricorda D’Anna -. Si è poi sviluppata con la scoperta del DNA e con tutta la conoscenza della cellula e adesso, insieme alla fisica teorica, è la scienza che promette ancora tantissime novità sulle cellule e sui rapporti tra cromosomi, cellule, tessuti e organi, ad esempio».
Anche per questo, il legame tra biologia e medicina è molto forte. E tra medici e biologi? «Fanno due mestieri diversi ma complementari – risponde D’Anna -. E non parlo solo dei biologi che si interessano alla sanità, ma anche di quelli che si interessano di inquinamento, di ambiente, di ecosistema, e quindi, nel termine più ampio, di salute. Non esiste infatti solo la patologia da curare, ma anche la prevenzione, il vivere in un ambiente sano e non contaminato. La biologia non è più, quindi, ancella della medicina, ma forse la precede di qualche attimo per mettere le sue conoscenze al servizio della scienza medica».
Intanto, la Legge Lorenzin ha incluso i biologi tra le professioni sanitarie, «parificando la figura del biologo a quella di medici, farmacisti, veterinari, psicologi e tutta quella parte del mondo che si interessa di sanità. Ci siamo riusciti dopo cinquant’anni, e le assicuro che non è stato semplice».
Vincenzo D’Anna, senatore di Ala, è Presidente dell’Ordine da esattamente quattro mesi e sono diversi gli obiettivi che intende raggiungere nel corso del suo mandato: «Intanto vogliamo avvicinare i biologi all’Ordine. Sono 100mila i biologi laureati in Italia ma abbiamo solo poco più di 50mila iscritti, il che significa che l’Ordine non è stato visto da tutti come uno strumento di difesa e di tutela dei diritti della professione, ma come una tassa da pagare. Voglio portare l’Ordine ad una ristrutturazione radicale, perché l’Ordine raggiunga tutti i biologi attraverso vari strumenti, dalla stampa alla telematica. Penso che anche la nascita della federazione regionale aiuterà poi i colleghi a percepire l’Ordine non più come un qualcosa di romano, lontano da loro, ma come un organo in grado di gestire i problemi della professione e la tutela dei diritti nell’ambito della propria regione di appartenenza».