In corso a Roma il primo meeting della Federazione nazionale delle Professioni infermieristiche che conta 440mila professionisti. «Puntiamo a creare una rete di sinergie e alleanze con i cittadini e con le altre professioni sanitarie», afferma la presidente ai microfoni di Sanità Informazione
Con il ddl Lorenzin sono passati da Collegio a Ordine. E ora a Roma, all’Auditorium Parco della Musica, gli infermieri celebrano il primo congresso della Fnopi, la Federazione nazionale degli Ordini delle Professioni infermieristiche, che ha come presidente Barbara Mangiacavalli, eletta lo scorso gennaio alla guida di un Ordine che conta 440mila professionisti. Ieri, nella relazione introduttiva, la Mangiacavalli ha ricordato che gli infermieri hanno subìto quasi un decennio di riduzioni nel personale del Servizio sanitario nazionale pubblico (- 4,3% dal 2009 al 2016), una riduzione che, se dovesse proseguire, rischia di incidere sulla possibilità di continuare a garantire cure e assistenza adeguate alla popolazione. Tra le priorità del suo mandato anche quello della formazione, con l’ipotesi di introdurre un percorso di accreditamento periodico professionale e continuativo che gli Ordini possano a pieno titolo verificare.
Presidente Mangiacavalli, questo è il primo congresso della Fnopi ma il diciottesimo congresso dalla nascita dell’Ipasvi. Quanta strada è stata fatta finora?
«Tantissima. Questo congresso vuole essere celebrativo anche per questo aspetto. Come ci ha ricordato anche la senatrice Silvestro nei suoi saluti, la nostra professione affonda le sue radici in un terreno che è stato molto fertile in questi anni e che ha aiutato a far crescere questa professione in maniera rigogliosa. Adesso il futuro che abbiamo davanti è fare in modo che queste nostre radici così profonde diano nutrimento alla parte visibile della nostra professione, quindi anche ai nostri giovani. Quello sviluppo che per alcuni aspetti fa ancora fatica ad affermarsi. Oggi abbiamo avuto testimonianza da parte dei nostri cittadini, dei nostri pazienti, soprattutto portatori di patologie croniche, che quello che loro chiedono e quello che loro vogliono è un infermiere con competenze specialistiche, appropriate per stare vicino a loro. Io credo che un endorsement più forte di questo da parte di coloro che noi continuiamo a ritenere i nostri principali stakeholder non poteva arrivare».
Lei nella sua relazione ha sottolineato il fatto che la professione dell’infermiere non deve diventare una ‘professione cuscinetto’, cosa intende?
«Gli infermieri nel Sistema sanitario nazionale sono il 40% della forza lavoro. Forse siamo anche un po’ noi a non essere consapevoli di questa forza. Sicuramente non lo sono le istituzioni, forse perché noi non siamo stati capaci di comunicarlo in maniera efficace e appropriata. Però rischiamo di diventare anche quel contenitore indifferenziato dove tutti vanno a pescare per colmare qualunque tipo di carenza, qualunque tipo di lacuna. E questo non va più bene. Nel programma di lavoro di questo anno del Comitato centrale condiviso con tutti i presidenti provinciali abbiamo iniziato a ragionare del percorso per rendere infungibili almeno una parte delle nostre specializzazioni infermieristiche perché questo aiuterebbe a rinforzare certi percorsi organizzativi, formativi ma anche di sviluppo professionale».
È iniziato da poco il suo nuovo mandato come presidente della Federazione nazionale dell’ordine degli Infermieri. Quali sono gli obiettivi che intendete centrare?
«Intanto con la legge 3 del 2018 il collegio è stato trasformato in Ordine. Questo è un mandato in cui andremo a concretizzare con i provvedimenti attuativi questa trasformazione. La lista con cui mi sono candidata alla presidenza della Federazione degli Ordini delle professioni infermieristiche ha elaborato un programma che abbiamo condiviso con tutta la nostra comunità professionale: è un programma che punta a creare una rete di sinergie e alleanze con i cittadini, con le altre professioni sanitarie. Punta a valorizzare la professione infermieristica e i contributi della professione infermieristica, ad esempio investendo sui nostri dottori di ricerca, investendo sui centri di eccellenza e sulla nostra accademia ed è un programma che punta anche a monitorare le condizioni di esercizio professionale all’interno delle diverse strutture del nostro sistema socio-sanitario, quindi pubblico, privato e l’esercizio libero-professionale. Il momento non è dei più tranquilli, è una stagione di rinnovi contrattuali, una stagione in cui sono in discussione tante questioni. Il Sistema sanitario nazionale ma anche la sanità privata soffre da un po’ di anni di una serie di problemi, uno su tutti quello delle carenze organiche. Noi continuiamo a dire che c’è bisogno di un ridisegno strutturale del Sistema sanitario nazionale e non di fare ragionamenti basati solo sui numeri, sulle carenze».