I giudici amministrativi hanno stabilito che non si possono disporre soppressioni o trasferimenti definitivi di presìdi di urgenza che costringano l’utenza a rivolgersi a servizi che richiedano tempi di percorrenza (andata e ritorno) oltre il limite di 60 minuti. Il ricorso è stato presentato dal Comune di Montegabbione che aveva chiesto il salvataggio del presidio della vicina Città della Pieve
Sessanta minuti di percorrenza andata e ritorno. È intorno a questo lasso di tempo che ruota una sentenza della prima sezione del Tar dell’Umbria che può cambiare il destino di tanti presìdi sanitari italiani a rischio chiusura, soprattutto quelli delle aree interne. In particolare il tribunale amministrativo ha disposto che «non si possono disporre soppressioni o trasferimenti definitivi di presìdi di pronto soccorso che costringano l’utenza a rivolgersi a servizi il cui espletamento richieda un aumento dei tempi di percorrenza (andata e ritorno) oltre il limite di 60 minuti indicato dalla normativa». Spending review e piani di rientro hanno costretto le Regioni italiane a chiudere decine di nosocomi e Pronto Soccorso, scatenando spesso le dure proteste delle comunità locali, soprattutto di quei comuni montani collocati in zone difficilmente raggiungibili.
Il Tar Umbria ha accolto il ricorso del Comune di Montegabbione che chiedeva la revoca della delibera del direttore generale dell’Azienda Sanitaria Locale Umbria n. 1, con la quale era stata disposta la chiusura di tutte le attività a carattere esclusivamente ospedaliero svolte presso il presidio di Città della Pieve e, precisamente, l’attività di ricovero di Medicina e Neurologia e l’attività di Pronto Soccorso.
Il Tar ha sottolineato che Montegabbione, se pur ricadente sotto la provincia di Terni, ha tutto il diritto di contestare un provvedimento di una Asl che non è quella di sua appartenenza perché per ragioni di vicinanza (solo 10 km) il presidio ospedaliero di Città della Pieve risulta essere il principale punto di riferimento per i cittadini di quel comune.
Il Tribunale amministrativo ha invece respinto la richiesta di bloccare la chiusura dell’attività ospedaliera di ricovero di Medicina e Neurologia, trattandosi di attività che risulta essere sufficientemente garantita dal programmato aumento dei posti letto presso l’Ospedale di Castiglione del Lago. La Regione Umbria ha ancora la possibilità di fare ricorso al Consiglio di Stato.
La sentenza chiarisce i presupposti che hanno spinto i giudici a bloccare la chiusura del pronto soccorso. Il dm 70/2015 tutela i servizi a favore delle zone svantaggiate: bisogna infatti tenere presenti i disagi connessi alla viabilità e alle condizioni climatiche, che d’inverno diventano proibitive. Alla normativa, che pure punta a ridurre i costi, deve essere applicata un’interpretazione costituzionalmente orientata: nella dimensione regionale del servizio bisogna privilegiare il criterio dell’organizzazione territoriale più rapida. Quando si tratta di medicina d’urgenza, infatti, non è in gioco la qualità del servizio ma un diritto fondamentale dell’individuo come quello alla vita: la ripartizione territoriale dei presidi deve quindi «rispondere a un nucleo irriducibile del diritto alla salute, affermato dalla Corte costituzionale».