I dati di 4 regioni (Campania, Lazio, Veneto, Lombardia) rilevano un aumento di 27 giorni in tre anni e una forte differenza tra regioni. «I prezzi sostenuti dai pazienti nella sanità privata in molti casi non sono troppo distanti dal costo del ticket e questo contribuisce ad indebolire il SSN». INTERVISTA A SERENA SORRENTINO – SEGRETARIO GENERALE FP CGIL
«Basta definanziamento del SSN. Si allungano i tempi per le prestazioni, i costi crescono e molti cittadini scelgono i privati». È netto il ragionamento del Segretario Generale FP Cgil, Serena Sorrentino, che commenta la ricerca sulle liste d’attesa elaborata da C.R.E.A. (Consorzio per la ricerca economica applicata) e promossa dalla Fp Cgil e da Fondazione Luoghi Comuni su un campione di 26mila persone. Le liste d’attesa nella sanità pubblica sono da anni uno dei talloni d’Achille del nostro sistema sanitario. I dati evidenziano anche per il 2017 un trend negativo, ma va sottolineato che lo studio si riferisce solo a quattro regioni: Lombardia, Veneto, Lazio e Campania.
I tempi di attesa per una visita specialistica o un esame nella sanità pubblica sono aumentati in media tra 20 e 27 giorni in 3 anni. È in media di 65 giorni l’attesa per una visita nella sanità pubblica, contro 7 giorni nel privato e 6 in intramoenia. Dal report emerge, ad esempio, che dal 2014 a oggi l’attesa per una visita oculistica nel pubblico è aumentata da 61 giorni a 88 (+ 26 giorni) e quella per una visita ortopedica da 36 giorni a 56 (+20 giorni). Per una colonscopia nel pubblico nel 2014 avremmo dovuto attendere 69 giorni, oggi ben 96, con un aumento di 27 giorni. Una differenza che varia notevolmente da regione a regione, condizione che contribuisce ad approfondire le diseguaglianze nel territorio nazionale.
Dati che si vanno a scontrare con le prestazioni del privato sui tempi d’attesa nettamente inferiori al pubblico: 7 giorni in media, contro 65 nel Servizio sanitario nazionale. Nel dettaglio, se si vuole prenotare una visita nel pubblico, per una Rx articolare si dovranno aspettare 22,6 giorni prima di avere un appuntamento; attesa che sale a 96,2 giorni per una colonscopia. Le stesse prestazioni in intramoenia registrano attese di 4,4 e 6,7 giorni, nel privato convenzionato di 8,6 e 46,5 giorni, nel privato a pagamento a 3,3 e 10,2 giorni.
Altra nota dolente sono i costi delle prestazioni che ormai, secondo il rapporto C.R.E.A. tendono ad equipararsi tra pubblico e privato. I prezzi sostenuti dai pazienti nella sanità privata «in molti casi – si legge nel rapporto – non sono troppo distanti dal costo del ticket». I prezzi del privato, inoltre, a volte sono pari o inferiori anche a quelli dell’intramoenia, cioè delle prestazioni fornite privatamente dai medici di un ospedale pubblico, all’interno dell’ospedale stesso.
«Puntare sulle assunzioni del personale sanitario e sui medici del SSN. In tre anni ci serviranno oltre 55mila figure, occorre un piano straordinario di assunzioni. Valutare la capacità organizzativa dei diversi sistemi regionali. Intervenire sulla programmazione per abbattere le liste d’attesa troppo lunghe» sono queste, in sintesi, per il Segretario Generale FP Cgil le chiavi per sbloccare il rebus delle lunghe attese che pesano sui cittadini che aspettano una visita specialistica o un esame diagnostico.
Altro tema collegato al complesso equilibrio tra sistema pubblico, convenzionato e privato puro e al livello di finanziamenti è quello del welfare integrativo. Sotto questa voce, in molti casi, nei contratti di lavoro viene inserita la copertura sanitaria integrativa che rischia di penalizzare proprio il SSN.
«Da sempre la nostra posizione è molto chiara: il welfare integrativo deve coprire prestazioni extra LEA che non sono garantite dal SSN e deve allargare e potenziare la base universale. Altrimenti se la sanità integrativa si mette in concorrenza con il SSN stiamo contribuendo a destrutturare il sistema pubblico. Per questo andrebbe rimessa sotto una unica governance tutta la materia della sanità e del welfare integrativo prima che si arrivi ad un punto di non ritorno per la sanità pubblica» conclude Sorrentino.