Lavoro e Professioni 20 Marzo 2018 15:56

Straordinari obbligatori e riposi interrotti: tutti i nodi nei contratti di medici e personale sanitario

Gli infermieri di Nursing Up con Antonio De Palma: «Violate le 11 ore continuative di riposo. Intraprenderemo azioni legali in Italia e in Europa». Papotto (Cisl Medici): «Chiederemo il diritto al riposo anche dopo la reperibilità notturna»

Straordinari obbligatori e riposi interrotti: tutti i nodi nei contratti di medici e personale sanitario

Orario di lavoro, straordinari e riposo tra un turno e l’altro sono temi cui medici e professionisti sanitari prestano da sempre particolare attenzione. Per un semplice motivo: la tutela e la sicurezza dei pazienti. Il sovraccarico lavorativo e lo stress psicofisico possono infatti minare, oltre alla salute dei professionisti stessi, anche la qualità dell’assistenza sanitaria, aumentando il rischio di errori e malpractice. È un tema quindi, quello dell’orario di lavoro, su cui i sindacati di rappresentanza della dirigenza e del comparto lottano con particolare partecipazione. Tuttavia, la pre-intesa del contratto del comparto sanità firmata qualche settimana fa prevede una serie di clausole, proprio in merito alla questione degli straordinari e del riposo, definite “anomale” dai sindacati che non hanno aderito all’ipotesi contrattuale. Tra questi, figura il sindacato degli infermieri Nursing Up. Il Presidente Antonio De Palma spiega a Sanità Informazione quali sono i temi incriminati: l’introduzione dello straordinario obbligatorio, l’assorbimento dello straordinario nell’indennità riconosciuta a chi ha un incarico di organizzazione (se superiore a 3227,85 euro l’anno) ed il mancato rispetto delle 11 ore di riposo tra un turno e l’altro.

IL LAVORATORE È TENUTO AD EFFETTUARE IL LAVORO STRAORDINARIO

È quanto si legge nell’ultimo periodo del secondo comma dell’articolo 31 della bozza di contratto del comparto, specificando poi «salvo giustificati motivi di impedimento per esigenze personali e familiari». «È la prima volta – commenta De Palma – che un contratto prevede che lo straordinario, che fino ad oggi non poteva essere considerato come fattore ordinario di programmazione del lavoro, non si può rifiutare a meno che non ci siano giustificate ragioni di tipo personale. Ma quali sono queste ragioni personali e familiari? Devo giustificare il fatto che finito il mio orario di servizio voglia stare con la mia famiglia?», si chiede il Presidente di Nursing Up. Come scrive il giurista Luca Benci sulle colonne di Quotidiano Sanità, le conseguenze del rifiuto del lavoro straordinario sono di carattere disciplinare e possono andare dal rimprovero scritto fino alle assenze ingiustificate che, in caso di recidiva, possono causare la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione fino ad un massimo di sei mesi.

GLI STRAORDINARI NON PAGATI A CHI HA UN INCARICO DI ORGANIZZAZIONE

«Un’altra anomalia di questo contratto – prosegue De Palma – riguarda l’indennità prevista per i dipendenti cui viene attribuito un incarico di organizzazione. Il problema è che se questa indennità supera il valore di 3227,85 euro l’anno, riassorbe anche lo straordinario. L’azienda tuttavia può chiedere al dipendente di lavorare fino a 180 ore l’anno, se non 250 in alcuni casi, di straordinario, per un importo che va dai 3600 ai 5mila euro; ma l’indennità che assorbe lo straordinario supera di poco i 3mila euro. C’è quindi la possibilità che un dipendente venga addirittura privato di circa 2mila euro di retribuzione l’anno. Mi sembra palese che questa previsione sia un abuso autorizzato. Io posso capire – continua – che si chieda ad un medico, quindi un dirigente con uno stipendio molto più alto di quello di un professionista sanitario, che gode di una serie di indennità e di un sistema di compensazione del disagio, di fare lo straordinario senza essere pagato, ma è inaccettabile che lo si chieda ad un infermiere».

LE 11 ORE DI RIPOSO TRA UN TURNO E L’ALTRO

La direttiva 2003/88/CE, recepita poi nell’ordinamento italiano, prevede 11 ore continuative di riposo tra un turno e l’altro, a meno che la contrattazione collettiva preveda delle deroghe. «Ci siamo battuti con decisione – sottolinea De Palma – perché nel contratto non si introducessero deroghe alle ore di riposo, anche per tutelare i cittadini. E sebbene non siano presenti in maniera esplicita, di fatto questo contratto prevede che gli infermieri in pronta disponibilità, nel momento in cui vengono chiamati in servizio, sospendano il riposo e lo recuperino una volta finito il servizio o, se non fosse possibile, entro la settimana. Ma le 11 ore devono essere continuative, altrimenti viene pregiudicato l’intero ciclo del riposo. Di fatto, qualsiasi turno di servizio che impedisce ai professionisti sanitari di fare le 11 ore continuative di riposo è illegale. E visto che ogni giorno gli infermieri ci dicono che alcune aziende sanitarie non rispettano questo diritto, dopo lo sciopero del 12 e 13 aprile – anticipa – rileveremo l’ampiezza del fenomeno sul territorio nazionale e a fronte di questi risultati intraprenderemo delle azioni giudiziarie in Italia e in Europa, perché l’Europa deve conoscere cosa avviene negli ospedali italiani e deve sanzionare questi comportamenti».

LEGGI ANCHE: INFERMIERI, LA PETIZIONE SU CHANGE.ORG DI NURSING UP: «CAMBIARE INTESA SUL COMPARTO SANITA’»

IL RICORSO CONTRO I TURNI MASSACRANTI

Infermieri e professionisti sanitari, in realtà, potrebbero intraprendere azioni legali anche per ottenere il risarcimento del danno subito dalle deroghe alla direttiva 2003/88/CE introdotte dall’ordinamento italiano nel 2008. Se, infatti, la norma europea prevedeva 11 ore di riposo giornaliero per tutti i lavoratori, l’Italia stabiliva che tali tutele non si applicassero al personale delle aziende sanitarie del Servizio sanitario nazionale. Solo nel 2015 lo Stato ha introdotto il riposo di 11 ore anche per medici e professionisti sanitari. «Gli infermieri – spiega Sara Saurini, legale di Consulcesi, realtà leader nella difesa dei diritti dei lavoratori del settore – possono agire contro lo Stato italiano per ottenere il risarcimento del mancato rispetto del periodo di riposo per gli anni 2008-2015. La richiesta di risarcimento per la mancata attuazione della direttiva comunitaria verrà parametrata in base ai riposi non goduti».

E IL CONTRATTO DELLA DIRIGENZA?

Il contratto della dirigenza «è ancora in alto mare» a detta di Biagio Papotto, Segretario Generale Cisl Medici, e ancora non si è iniziato a parlare della parte normativa. In ogni caso quello del riposo è un tema che prima o poi dovrà essere affrontato. Chiare, in tal senso, le idee del Segretario della Cisl Medici: «Secondo noi non solo le 11 ore di riposo vanno fatte per forza e anche se per il rispetto della continuità assistenziale si è costretti a prolungare il turno precedente – dichiara Papotto a Sanità Informazione –; ma chiederemo che anche dopo la reperibilità notturna sia previsto un certo periodo di riposo. Anche la reperibilità infatti causa stress psicofisico al dipendente. È chiaro che questo comporti nuove assunzioni di personale e lo sblocco del turnover, ma se vogliamo la sicurezza del lavoratore e del paziente dobbiamo organizzare l’orario di lavoro nel migliore dei modi». Intanto sono già molte le azioni legali portate avanti dai camici bianchi che, per il mancato rispetto delle ore di riposo o del limite delle 48 ore di lavoro settimanali possono ottenere, per 6 anni di lavoro, oltre 80mila euro di rimborso.

 

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