ESCLUSIVA | Vytenis Andriukaitis (Commissario UE Salute) a Sanità Informazione: «Parlamento e Governo dovranno presentarci le loro decisioni e stabilire se basarle su fake news o sulla scienza». Poi affronta i principali temi sul tavolo: il dopo Brexit per i medici e i sanitari italiani che lavorano nel Regno Unito e la sfida della cronicità che affligge tutta Europa
«I nuovi eletti al Parlamento italiano hanno la responsabilità della salute di tutta la cittadinanza. E la mia domanda è: le decisioni che prenderanno saranno basate sulla scienza o sulle fake news? Bastano pochi mesi per vedere come si comporteranno e se si assumeranno le loro responsabilità». Sul tema vaccini è chiara la domanda che, dai microfoni di Sanità Informazione, il Commissario europeo per la salute Vytenis Andriukaitis rivolge ai parlamentari del Movimento Cinque Stelle e alle altre forze che, in campagna elettorale, si sono dichiarate scettiche sui nuovi obblighi vaccinali e, in alcuni casi, anche sulla validità scientifica dei vaccini.
Commentando la situazione politica italiana all’indomani delle elezioni, più volte sottolinea la responsabilità che i neo eletti si sono assunti dal momento in cui sono entrati in Parlamento. La campagna elettorale è finita, adesso i movimenti vincitori hanno tra le mani la salute di tutti gli italiani. E sono solo due le opzioni tra cui scegliere nel gestire la politica sanitaria: dar adito alle fake news oppure prendere decisioni basate sulle evidenze scientifiche. Il riferimento è ovviamente ai vaccini, argomento su cui il Commissario si dilunga sottolineando come sia «uno scandalo che nel 21esimo secolo ancora assistiamo alla morte di bambini e dovremmo vergognarcene. Per cui – aggiunge riferendosi alla legge che ha introdotto l’obbligo vaccinale – sono molto contento che l’Italia abbia adottato un atteggiamento così forte nei confronti delle vaccinazioni».
Diversi i temi affrontati in una lunga chiacchierata con il Commissario, collegato dal suo ufficio a Bruxelles: dalle conseguenze della Brexit per i medici e i professionisti sanitari cittadini dell’Unione Europea che attualmente vivono e lavorano nel Regno Unito, al ruolo dell’UE nella lotta alle malattie croniche. Ma è quello dei vaccini il tema su cui il Commissario Andriukaitis insiste maggiormente.
Commissario, cosa pensa della legge italiana che ha introdotto l’obbligo delle vaccinazioni per bambini e ragazzi?
«Prima di tutto io accolgo con favore tutti gli sforzi degli Stati Membri per proteggere la vita di ogni bambino, e questo deve essere chiaro. L’obiettivo da raggiungere deve essere la copertura vaccinale per tutti i bambini. So che in Italia c’è un dibattito tra chi sostiene i vaccini obbligatori e chi quelli volontari. Non è importante se percorrere una strada o l’altra, ma bisogna fare in modo che tutti i bambini siano vaccinati. In alcuni Paesi come l’Olanda c’è la cultura delle vaccinazioni volontarie, ma più di 14 stati hanno adottato degli strumenti per renderle obbligatorie. Personalmente, io sostengo fermamente la scelta del rendere obbligatorie alcune vaccinazioni in tutti gli Stati Membri, perché è uno scandalo che continuiamo ad assistere alla morte di bambini. Dovremmo vergognarci che nel 21esimo secolo la situazione sia ancora così triste. E bisogna anche ricordare che chi rifiuta il vaccino non mette a rischio solo una persona, ma tutta la società. Allo stesso modo, chi si è vaccinato salva la vita a chi non si è vaccinato. Si tratta anche di un comportamento estremamente umano e generoso: vaccinandosi si possono salvare i cittadini del proprio Paese. Quindi sono molto contento che l’Italia abbia adottato una misura così forte sui vaccini per i bambini».
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Lei teme che un governo guidato dal Movimento Cinque Stelle, che più volte si è detto scettico nei confronti dell’obbligatorietà dei vaccini, possa mettere a rischio l’applicazione della legge?
«Gli elettori italiani hanno scelto dei nuovi rappresentanti che ora hanno la responsabilità di difendere la salute dei cittadini. La domanda che rivolgo a coloro che si scagliano contro argomenti basati sulla scienza è molto chiara: le decisioni che prenderete saranno basate sulle fake news o sulla scienza? Sono solo due le opzioni. Una cosa è non avere responsabilità, ma adesso che sono in Parlamento possiamo chiedere loro di assumersi le proprie responsabilità. Benvenuti nella realtà. E questo significa che dovranno presentarci le loro decisioni prese in base alle fake news o in base alla scienza. Aspettiamo un po’ di tempo: bastano pochi mesi per capire come si comporteranno ora che le elezioni sono passate».
Passiamo al tema della Brexit. Una volta che il Regno Unito lascerà l’Unione Europea, cosa succederà ai tanti medici e professionisti sanitari cittadini di uno degli Stati Membri che attualmente vivono e lavorano Oltremanica?
«Le rispondo citando quello che ripete spesso il nostro capo negoziatore Michel Barnier: “Nulla è deciso finché tutto è deciso”. Teniamo questo a mente, perché la situazione sarà chiara solo nel 2019 quando avremo in mano l’accordo finale. Ma entrando nel dettaglio, sappiamo che per ora l’Unione Europea ed il Regno Unito hanno un accordo sul fatto che i cittadini dell’Unione Europea che iniziano a lavorare nel Regno Unito entro la fine del periodo di transizione, quindi entro il 31 dicembre 2020, dopo la Brexit manterranno il loro diritto alla residenza e al lavoro. E lo stesso vale per i cittadini del Regno Unito che lavorano in uno dei 27 Stati Membri».
Quindi chi già è nel Regno Unito o ha intenzione di trasferirvisi nei prossimi due anni e mezzo può star tranquillo.
«Quando l’accordo di recesso entrerà in vigore, i cittadini europei che avranno iniziato a lavorare nel settore sanitario del Regno Unito prima di quella data dovrebbero essere nelle condizioni di rimanere nel Regno Unito e continuare a lavorare lì. Ma come dicevo prima, dobbiamo vedere cosa ci riserva il futuro, perché per adesso a livello negoziale abbiamo questo accordo, ma poi il Parlamento britannico potrà mettere in discussione questi temi».
Per concludere, una delle sfide più importanti che i sistemi sanitari dei Paesi membri dovranno affrontare nel prossimo futuro è la lotta alle malattie croniche. Cosa si può fare per aiutare gli Stati a vincere questa partita?
«Nella lotta alle malattie croniche ci sono due grandi aree di intervento: la prima è la profilassi e le azioni di prevenzione che possono favorire la riduzione del numero dei fattori di rischio e aiutare le persone a proteggersi da questi fattori di rischio; la seconda è la promozione di stili di vita salutari per quanto riguarda, ad esempio, la dieta, l’attività fisica o l’equilibrio tra vita e lavoro. I Paesi dell’OMS hanno stipulato un accordo con nove obiettivi per ridurre l’incidenza delle malattie croniche, per esempio diminuendo l’utilizzo di zucchero, grassi saturi, sale, tabacco e alcol. Abbiamo l’obbligo di ridurre l’utilizzo del tabacco del 30% tra il 2015 ed il 2025. Ma i dati mostrano che in Italia le giovani generazioni iniziano a fumare sempre prima, e il vizio del fumo è frequente soprattutto tra le ragazze e le giovani donne».
E quali sono le azioni intraprese a livello europeo?
«A livello europeo abbiamo un programma d’azione comune ed una serie di iniziative che invitano tutti i professionisti del mondo sanitario a fornire strumenti di prevenzione per ridurre il numero di persone che soffrono di malattie croniche. Vorrei inoltre sottolineare che questa non è una sfida che riguarda solo medici e professionisti sanitari, ma è una responsabilità delle comunità locali, delle autorità locali, delle autorità regionali, di diversi operatori, e questo significa che la salute deve entrare in ogni settore politico, utilizzando strumenti fiscali, alimentari, di mercato o educativi. Solo questi strumenti possono aiutarci a raggiungere quei nove obiettivi di cui parlavo prima entro il 2025. Noi stiamo facendo molto per coordinare i nostri sforzi: abbiamo anche istituito un gruppo direttivo per la prevenzione e la protezione della salute che intende proprio fornire agli Stati Membri consigli concreti, tenendo in considerazione lo stato di salute della popolazione di ogni Paese».
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