«Per i pazienti un doppio sistema di diagnosi e cura». Lo dichiara la Presidente della Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata
Oltre due secoli e mezzo fa, il 10 aprile del 1755, nasceva il medico tedesco Samuel Hahnemann, padre dell’omeopatia, l’uomo che ha introdotto il concetto di “terapia non convenzionale”. Oggi, in suo onore, si celebra la Giornata Mondiale dell’Omeopatia. Una ricorrenza che, quest’anno, cade in un periodo di accese polemiche. Ultima, in ordine cronologico, la discussione sulla possibilità che la Toscana, la prima regione d’Italia ad aver consentito l’ingresso dell’omeopatia tra le cure in convenzione con il Sistema Sanitario Regionale, possa fare un passo indietro. Ne abbiamo parlato con Simonetta Bernardini, presidente della Siomi, la Società Italiana di Omeopatia e Medicina Integrata.
Si sente spesso parlare di “medicina integrata”, ma qual è il significato di questa espressione?
«Non si possono contrapporre due aspetti della Medicina, l’aspetto convenzionale o ortodosso e quello complementare. Si deve trovare la maniera di unire le due medicine. Quando si visita una persona, si tratta dunque, di anteporre sempre la diagnosi ortodossa alla valutazione omeopatica, che è successiva alla prima. Questo consente di non togliere nulla al paziente, ma di dargli qualcosa in più. La Medicina Integrata è prima di tutto l’utilizzo di un doppio sistema di diagnosi, poi di un doppio sistema di cura. Oramai nessuno più dice che l’omeopatia debba essere l’unica medicina che assume una persona ammalata. Un concetto che fino a venti anni fa qualche omeopata ancora esprimeva».
Era l’aprile del 2001 quando le principali agenzie di stampa titolavano “Agopuntura, omeopatia, fitoterapia e medicina cinese fanno il loro ingresso nelle Aziende sanitarie locali della Toscana”. Si apriva così la strada, per la prima volta in Italia, alla medicina non convenzionale. Com’è proseguito il percorso?
«La Toscana è stata illuminata aprendo molti anni addietro alle medicine definite “complementari”. Nel 2005, poi, l’ingresso delle medicine complementari nei Lea regionali ha permesso ai cittadini toscani di avvalersi di strumenti di cura che, seppure acquistati personalmente e non rimborsati, potevano essere prescritti da medici del servizio sanitario toscano. Grazie ai Lea il prezzo delle visite è analogo a quello di ogni altra visita del Ssr, con gli stessi criteri per l’esenzione dei ticket sanitari adottati per tutti i cittadini per la medicina ortodossa. Su questa linea si sono mosse, molto più di recente, altre regioni. In Lombardia esiste un servizio di oncologia integrata all’ospedale Sacco di Milano. Un servizio analogo c’è al Gemelli di Roma e a Merano».
Come andrà a finire “la questione Toscana” è da vedere. Al di là degli esiti positivi o negativi, quanta strada resta da ancora percorrere?
«La questione Toscana influenzerà moltissimo le politiche nazionali, non si può negarlo. Si tratterà di vedere se questa nobile regione saprà tenere, come ha sempre fatto, la barra diritta e avanti, oppure, se è intenzionata ad avviare un declino culturale che non le porterebbe bene, di certo. La Siomi è sempre disponibile a dare il proprio contributo per diffondere l’integrazione delle cure che è la nostra mission culturale. Per dirlo con le parole del “Consortium of academic health centers for integrative medicine”, che racchiude oramai tutte le università di tutti gli stati americani, “la medicina Integrata è, semplicemente la Medicina del futuro”».