Il quarto appuntamento con la cultura medico-scientifica, a Bologna dal 3 al 6 maggio, è dedicato al tempo della cura. Il Professore presenta il Festival a Sanità Informazione: «La comunicazione medico-paziente può arginare le pseudocure»
Quattro giorni di eventi, oltre settanta appuntamenti, tre Premi Nobel, più di cento relatori, decine di migliaia di partecipanti. Sono i numeri della quarta edizione del Festival della Scienza Medica, che apre le porte il 3 maggio e che per quattro giorni renderà Bologna la capitale italiana della medicina. Cinque i filoni tematici attorno ai quali si raggruppano gli eventi in programma: neuroscienze, medicina interna, innovazione e tecnologia, oncologia ed alimentazione, che vengono trattati da un parterre di ospiti di caratura internazionale. Quest’anno il Festival è dedicato a “Il tempo della cura”. Per parlarne, abbiamo incontrato il Professor Gilberto Corbellini, Direttore Scientifico del Festival e Direttore del Dipartimento di Scienze umane e sociali del CNR.
Professore, cosa si intende per tempo della cura?
«In sostanza il tempo della cura è il tempo che il medico dovrebbe ritrovare per dialogare e interagire maggiormente con il paziente. Sappiamo che il dialogo migliora sul piano psicologico la relazione medico-paziente e che, al contrario, il contingentamento dei tempi aumenta il rischio di errore medico e l’insoddisfazione dei pazienti. E se aumenta l’insoddisfazione nei confronti dei medici, i pazienti potrebbero, ad esempio, cercare pseudocure, quindi qualcuno che non fornisce dei trattamenti scientifici, ma sostanzialmente dedica loro solo del tempo».
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Quindi il tempo della cura come mezzo per arginare pseudoscienze e pseudocure. Ma che messaggio può dare, a tal proposito, ai medici?
«La comunicazione con il paziente è un elemento costitutivo della relazione di cura e le persone si aspettano da sempre una disponibilità del medico ad ascoltare, perché è attraverso la comunicazione che si costruisce un rapporto di fiducia. I medici sono ancora le figure sociali verso le quali la popolazione ha più fiducia, ma questo ruolo potrebbe essere a rischio se la relazione con il paziente viene vissuta con frettolosità».
In questo scenario la tecnologia che ruolo gioca e che ruolo potrebbe giocare in futuro?
«La tecnologia può giocare un ruolo molto importante perché sicuramente aiuta a migliorare la raccolta, il trattamento e l’elaborazione delle informazioni e può quindi far risparmiare al medico del tempo da dedicare all’interazione con il paziente. Poi in futuro le nuove tecnologie, soprattutto quelle robotiche, potrebbero anche offrire ai pazienti la possibilità di dialogare ed interagire con dei medici che in realtà sono intelligenze artificiali. E magari questo dialogo in alcuni casi potrà risultare anche più soddisfacente per il paziente».
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Oltre a questo tema quali saranno gli argomenti che vengono affrontati durante il Festival e quali sono gli speaker più rinomati che intervengono?
«Ci sono tre Premi Nobel: May-Britt Moser, psicologa e neuroscienziata norvegese premiata nel 2014 per i suoi studi sul cervello umano; Robert Lefkowitz, Nobel per la Chimica nel 2012 per le scoperte sui recettori di membrana, e il 1 giugno in appendice al Festival arriva a Bologna Michael Rosbash, vincitore dell’ultimo Nobel per la Medicina per le sue scoperte sui meccanismi che regolano i ritmi circadiani. Abbiamo poi speaker di valore nel campo della neurologia come Giulio Tononi, psichiatra e neuroscienziato che fa un intervento sulla coscienza; Chiara Cirelli, neuroscienziata e neurofisiologa del sonno, che parla delle ricerche a livello genetico molecolare del sonno; il neuroscienziato Semir Zeki, che ha aperto la via allo studio di quella che lui definisce neuroestetica, che fa un intervento sulle basi neurobiologiche del bello. Poi ci sono interventi nell’area dell’oncologia, sulle cure e sui trattamenti immunitari dei tumori. A parlarne è l’immunologo Lorenzo Moretta. Ci sono interventi sulle medicine di frontiera, come per esempio la medicina rigenerativa: ne parla Michele De Luca, staminologo, che recentemente ha salvato la vita di un bambino trapiantandogli della pelle transgenica coltivata in laboratorio. Insomma, praticamente vengono toccati tutti i campi della medicina».
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