Scelta da molte celebrità e famiglie reali di tutto il mondo per far nascere i loro bambini, la ginecologa Aliabadi ricorda la sua esperienza universitaria, parla della sua «spa medica» e del rapporto che si instaura tra un medico ed un paziente famoso
È la ginecologa delle star di Hollywood. Ha fatto partorire, tra gli altri, Beyoncé, Chiara Ferragni, le Kardashian e molte donne delle più importanti famiglie reali al mondo. Ha tre lauree, lavora all’ospedale di Beverly Hills Cedars-Sinai ed è di origine iraniana. Si chiama Thais Aliabadi e ha rilasciato a Sanità Informazione un’intervista esclusiva.
Dottoressa Aliabadi, quando e perché ha deciso di diventare una ginecologa? C’è stata un’esperienza particolare che l’ha spinta ad intraprendere questa strada?
«Effettivamente c’è stato un momento di svolta. Studiavo medicina alla Georgetown University ed ero andata dal mio ginecologo per sottopormi alla visita di controllo annuale. Il medico ci ha messo un’eternità per controllare la mia cervice ed è stata un delle esperienze più traumatiche della mia vita. Nei cinque anni successivi, non sono più tornata dal ginecologo. Ma invece di trasformare questa esperienza in un fatto negativo, ho affrontato le mie paure, e ora sono quasi venti anni che lavoro per la salute delle donne. Da tirocinante, poi, ero particolarmente contenta di lavorare in reparti ginecologici e questo ha senz’altro contribuito a convincermi ancora di più. Credo che la ginecologia sia una carriera che può dare potere alle donne. Sarò sempre grata alla mia formazione universitaria perché mi ha permesso di arrivare dove sono oggi e mi sento più realizzata di quanto avessi mai potuto immaginare».
Lei lavora al Cedars Sinai Medical Center, dove decidono di partorire molte donne famose. Secondo lei come mai? Cosa offre in più rispetto agli altri ospedali?
«Il Cedars Sinai si classifica sempre tra i migliori ospedali degli Stati Uniti. Il reparto maternità ha ottime attrezzature e vanta i migliori infermieri e ostetrici con cui abbia mai lavorato. Le mie pazienti si complimentano sempre per l’eccellenza dello staff e per essere assistite nel migliore dei modi durante il travaglio, una delle esperienze più vulnerabili della vita di una donna. Inoltre, offre alle celebrità e ai personaggi di spicco provenienti da tutto il mondo che scelgono il Cedars la possibilità di vivere un ricovero con tutti i confort e particolare privacy e discrezione, assicurando al contempo medici estremamente qualificati ed un ottimo centro di ricerca».
Ma il rapporto che si instaura tra un medico ed un paziente famoso è diverso rispetto ad un paziente non famoso?
«Ovviamente in quanto medico tratto tutti i miei pazienti allo stesso modo. Nella mia carriera mi sono occupata anche di donne senza fissa dimora o provenienti dai contesti socio-economici più poveri. Tratto qualsiasi paziente come se fosse parte della mia famiglia e faccio sempre in modo di offrire loro un’assistenza di massima qualità ed il massimo rispetto».
Il suo studio privato a Beverly Hills è arredato in modo molto particolare. Secondo lei l’ambiente in cui un paziente viene curato influisce sui risultati del trattamento?
«L’ambiente è tutto, soprattutto se si parla di uno studio medico. Sono stata in molti studi che sembrano freddi e sterili, senza alcun arredo. Sono orgogliosa del mio studio che è sia rassicurante che esteticamente piacevole. Molti dei miei pazienti lo chiamano “spa medica”, invece che studio medico. Ogni aspetto, dalla sala d’attesa ai bagni, è curato nel minimo dettaglio. Capisco l’ansia dei pazienti prima di sottoporsi ad una visita medica, quindi cerco di rendere la loro esperienza il più piacevole possibile. Mi piace anche pensare di essere stata un’arredatrice d’interni nella mia vita precedente, che è una delle mie più grandi passioni».
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Le sue origini iraniane le hanno mai causato problemi negli Stati Uniti?
«Assolutamente no, non hanno mai contrastato la mia carriera. Al contrario, mi hanno sempre ricordato chi sono e hanno sempre avuto un impatto positivo. L’essere emigrata dall’Iran mi ha regalato una prospettiva più ampia del mondo e maggiore interesse per altre culture e lingue. Parlo persiano, inglese, francese e spagnolo, cosa che mi permette di comunicare al meglio con i miei pazienti, che provengono da tutto il mondo e da background culturali estremamente diversi».
Lei lavora a Los Angeles, dove vengono girati molti medical drama di successo. Pensa che influiscano sull’idea che i pazienti hanno di medici e ospedali?
«Non ho mai incontrato pazienti influenzati dalle serie televisive, ma so che i media, dai social alla televisione ai film, influiscono sul modo in cui vediamo il mondo. Avendo partecipato a diversi programmi televisivi e talk show, apprezzo il potere della televisione che mi ha permesso di parlare alle donne di aspetti della loro salute, come l’endometriosi, tema che mi sta particolarmente a cuore. In fondo, sono tanti i fattori che possono influenzare i pazienti, ma se sei un medico attento e scrupoloso e tratti tutti i tuoi pazienti con rispetto, la loro percezione si baserà su di te, e non su quello che vedono in televisione».
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