Si è tenuta recentemente la sesta edizione dell’evento “La ricerca in Italia: un’idea per il futuro”, promosso dalla Fondazione Eli Lilly Italia per favorire la cultura della ricerca. Il premio – borsa di studio 2013 è stato consegnato ad Alberto Ranieri De Caterina, dottorando, poco più che trentenne, presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, specializzato in cardiologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, a cui si deve la messa a punto del “braccialetto salvacuore”.
L’evento ha rappresentato l’occasione per riflettere sulla situazione delle scuole di specializzazione in Italia, fucina di talenti su cui, però, lo Stato investe sempre meno.
L’intervento di Andrea Lenzi, presidente del Consiglio Universitario Nazionale (CUN) è stato illuminante in tal senso: “In Italia, negli ultimi quattro anni abbiamo perso 1700 posti destinati alle scuole di specializzazione. I posti sono circa la metà di quelli necessari. Il costo di mille posti è pari a circa 25 milioni di euro – specifica Lenzi – dunque la cifra necessaria, corrispondente ai posti persi, ammonta a circa 50 milioni di euro: il fatto che non si trovi questa cifra è preoccupante. Siamo in controtendenza rispetto al resto dell’Europa e del mondo che richiede specializzazione e cultura per la scienza. Rischiamo di laureare ottimi professionisti ma di perdere tutti i potenziali scienziati e innovatori”.
Ma un mea culpa non è richiesto solo alla classe politica: le responsabilità in questo senso sono infatti ampiamente condivise con il mondo accademico, almeno secondo l’Anaao Giovani. “Finora – spiegano i giovani medici – i contratti di specialità sono stati distribuiti a pioggia e in modo disomogeneo. Bisogna porsi qualche domanda sull’offerta formativa dei singoli Atenei, per capire perché molti medici in formazione abbandonano in itinere il corso di specializzazione e rincorrono il miraggio dell’estero”. L’SOS alle istituzioni è lanciato, insomma, in nome di un profondo ripensamento e di un vero e proprio cambio di paradigma.
E la risposta, per fortuna, non è tardata ad arrivare: nel suo ultimo giorno di mandato, infatti, l’ormai ex ministro Carrozza ha firmato il decreto che istituisce il concorso unico e nazionale per l’accesso alle scuole di specializzazione. “Una svolta epocale, una riforma storica”: così l’hanno definita le principali associazioni di giovani medici, tra cui Sigm e Federspecializzandi, secondo cui il decreto rappresenterebbe “l’ultima tappa di una battaglia di civiltà iniziata tempo fa, che rimuove ogni discrezionalità nell’accesso dei medici alla formazione specialistica”.