«Il sistema di gestione della medicina di emergenza-urgenza inglese è il più avanzato d’Europa. L’Italia, negli ultimi anni, ha fatto passi da leone. In Spagna e Germania non è stato ancora attivato un percorso di specializzazione specifico». Roberta Petrino, presidente Eusem, l’European Society Emergency Medicine, fotografa l’Europa
Un viaggio immaginario tra i pronto soccorso di tutta Europa non richiederebbe un grosso sforzo di fantasia. Tra una visita e l’altra ci troveremmo di fronte ad una realtà molto simile a quella italiana, per pregi e difetti: «Luoghi aperti 24 ore su 24. Personale sanitario adeguatamente formato che deve non solo accogliere chiunque possa avere bisogno di cure, ma anche gestire situazioni di sovraffollamento ed episodi di aggressioni». È questa la descrizione di Roberta Petrino, presidente dell’Eusem, l’European Society Emergency Medicine, un racconto che fa emergere luci ed ombre della medicina di emergenza-urgenza di tutta l’Europa.
Cominciamo dalle ombre. Cos’è che trasforma il pronto soccorso in un luogo di lavoro a rischio? Per la presidente dell’Eusem è «il disagio la causa scatenante dell’aggressività. Chiunque – ha aggiunto – può accedere al Pronto soccorso, senza controllo. Anche coloro che, vivendo problematiche di tipo sociale, possono essere più inclini alle aggressioni, sia verbali che fisiche». Per Roberta Petrino «più forte è questo disagio, maggiore sarà il pericolo. E il disagio sociale – ha sottolineato – esiste in Italia, come nel resto d’Europa».
Un problema che può essere risolto attraverso la formazione: «è necessario – ha detto la presidente dell’European Society Emergency Medicine – preparare tutto il personale sanitario, affinché sia in grado di identificare precocemente eventuali segnali di pericolo. La nostra Società Europea ha incaricato una Commissione di identificare dei percorsi comuni e stilare delle linee guida da condividere tra tutti i medici europei, affinché possano essere in grado di prevenire, ed eventualmente gestire, le aggressioni».
La formazione comune promossa dall’European Society Emergency Medicine mira anche ad uniformare le competenze sanitarie del personale dei Pronto Soccorso di tutta Europa. «Uno degli scopi principali della Società Europea – ha specificato Roberta Petrino – è proprio quello di creare una formazione standardizzata che permetta un libero scambio tra gli specialisti europei».
E in Europa c’è chi ha da insegnare e chi da imparare. «In Inghilterra – ha detto la presidente dell’Eusem – la medicina di emergenza ha compiuto i suoi 50 anni (circa 30 in più dell’Italia, ndr). L’organizzazione dei Pronto soccorso è molto avanzata, tanto che sono stati proprio gli inglesi a fare un po’ scuola al resto degli europei. L’Italia, la Francia, il Belgio e alcuni Paesi dell’est, come la Romania, pur avendo una medicina di emergenza-urgenza “più giovane”, hanno fatto passi da leone. In altri paesi, anche molto grandi, come la Spagna e la Germania, nonostante gli sforzi delle società scientifiche, ancora non è stato attivato un percorso di specializzazione specifico».
L’European Society Emergency Medicine promuove un lavoro di squadra tra tutti i Paesi europei non solo per uno scambio di competenze scientifiche. Il confronto tra le varie Nazioni può migliorare anche alcune carenze dell’organizzazione strutturale, quelle che, in determinati periodi dell’anno, portano i pronto soccorso ad una situazione di collasso. «Il sovraffollamento – ha detto Roberta Petrino – non è un problema solo italiano, esiste in tutta Europa. In alcuni momenti critici dell’anno, in particolare quello invernale, quando si ha la riacutizzazione di patologie croniche legate anche all’epidemia influenzale, ovunque in Europa si ripresenta il problema del sovraffollamento. Anche in Inghilterra – fiore all’occhiello in materia di medicina di emergenza-urgenza – hanno dovuto convertire alcuni letti del reparto di Chirurgia e bloccare degli interventi programmati per accogliere pazienti con problemi di riacutizzazione di patologie croniche, arrivati al Pronto Soccorso».
E se il problema esiste ovunque, è insieme che bisogna trovare una soluzione. «Le diverse esperienze, anche quando sono negative – ha commentato Petrino – possono essere un tesoro da condividere, per trovare delle soluzioni che siano definitive e non utili ad un intervento di emergenza. Il sovraffollamento – ha concluso la presidente dell’Eusem – non è un evento straordinario. Capita tutti gli anni».