Dalle novità dei LEA all’inclusione tra le professioni sanitarie, sono diversi i cambiamenti che riguardano la figura dello psicologo. Ed il referendum sull’istituzione della professione autonoma di counselor? «Un’azione politica contro il Consiglio Nazionale»
Se cambia la società, deve cambiare anche il ruolo dello psicologo. È chiaro il ragionamento di Fulvio Giardina, Presidente del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi, che, citando la società liquida del sociologo Zygmunt Bauman, commenta l’evoluzione della figura dello psicologo.
Un’evoluzione che rispecchia il cambiamento della società, appunto: «La società fluida in cui viviamo non ha punti di riferimento ed è in continua evoluzione – spiega il Presidente Giardina -. Ed è una società che pone ormai attenzione non più a una gerarchia di sofferenza, ma ha un pari rispetto della sofferenza. C’è poca differenza tra un dolore fisico e psichico, e sarebbe inimmaginabile oggi non attenzionarli allo stesso modo. Chi sta male vuole essere aiutato».
Si inserisce in questo contesto, quindi, il riconoscimento degli psicologi come professionisti sanitari. Un riconoscimento sancito dalla legge Lorenzin sul riordino delle professioni sanitarie e che fa acquisire agli psicologi una forte consapevolezza del loro ruolo sociale. «E poi – aggiunge Fulvio Giardina – gli psicologi sono portatori di una cultura del benessere e della qualità della vita che ben si associa con la parte clinica».
Inoltre, «i nuovi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) hanno collocato il disagio esistenziale tra quei diritti esigibili da parte del cittadino al pari di tutte le altre sofferenze fisiche. Da questo momento in poi ogni azienda sanitaria deve quindi garantire che il disagio esistenziale venga raccolto. È la prima volta in Italia – prosegue il Presidente CNOP – che la sofferenza non fisica trova riscontro in atti formali ed è un passaggio importantissimo».
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«Non dimentichiamoci – specifica Giardina – che vi è una grande area della popolazione che anche se non ha una sofferenza eclatante, vuole stare meglio, vuole stare bene. Pensiamo soltanto alla scuola: la scuola è abbandonata a se stessa e compaiono situazioni marginali di ragazzi che hanno più punti di riferimento che bisogna attenzionare. Anche per questo abbiamo lanciato un progetto sperimentale che prevede la presenza stabile di uno psicologo in cento scuole italiane: per prevenire, tutelare e promuovere il benessere degli alunni, ma anche gli insegnanti».
Infine, è particolarmente polemico sul referendum girato on line nei giorni scorsi sulla figura del counselor e sul counseling. Dopo che il CNOP ha organizzato una “Consensus Conference” su questo tema, il 98% degli psicologi che hanno risposto all’iniziativa si è espresso contro l’istituzione della professione autonoma di counselor, e il 93% contro la conferenza organizzata dal CNOP.
«Si tratta di un’azione politica contro il Consiglio Nazionale – commenta Giardina – da parte di una minoranza sparuta di colleghi. Noi ci siamo espressi ampiamente su questo tema, affermando che il counseling è una competenza dello psicologo, a maggior ragione adesso che lo psicologo rientra a pieno titolo nelle professioni sanitarie. Questo passaggio aumenta le tutele per il professionista, le tutele per l’utente e soprattutto aumenta la certezza in caso di pena: vi sono rilevanti sanzioni amministrative qualora uno dovesse svolgere funzioni che non gli spettano. Questo pseudo gioco referendario in realtà non ha alcun valore ed è composto da domande assolutamente retoriche: è chiaro che si risponda sì, perché per come sono formulate le domande non si suppone che ci possa essere una risposta negativa», conclude.
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