«Interventi chirurgici più specifici e nuove molecole stanno aprendo una nuova fase nella cura di queste malattie», spiega il Direttore del Dipartimento di Gastroenterologia ed endoscopia digestiva presso l’Azienda Ospedaliera di Parma. Ai giovani consiglia: «Fate il medico solo se avete voglia di sacrificarvi, di essere a disposizione dei malati»
Le malattie dell’apparato gastroenterologico sono tra quelle con cui siamo costretti a confrontarci più spesso. Stress, alimentazione non corretta, disfunzioni di varia natura possono renderci la vita difficile e imporci forti limitazioni costringendoci a rinunce e disagi. Oggi però la medicina sta procedendo spedita verso cure più efficaci di malattie come gastrite e reflusso gastroesofageo, solo per fare due esempi. Ne abbiamo parlato con il professore Angelo Franzè, che si divide tra Parma, dove dirige il Dipartimento di Gastroenterologia ed endoscopia digestiva presso l’Azienda Ospedaliera e la Mater Dei di Roma. Franzè è anche un volto noto della televisione, spesso ospite di trasmissioni come “Buono a sapersi” o “Elisir”. «Il disturbo maggiore che lamentano gli italiani è il reflusso gastroesofageo che colpisce il 30% della popolazione, il 10% ce l’ha addirittura in maniera cronica», spiega a Sanità Informazione Franzè, che sottolinea: «Abbiamo sottovalutato per anni l’alimentazione ma ultimamente sta venendo fuori prepotentemente perché può aiutarci tantissimo».
Professor Franzè, quanto è importante oggi la tecnologia per un medico?
«Oggi la tecnologia è veramente molto importante. Si sono fatti passi da gigante sia nel campo cardiologico che in quello gastroenterologico come in tante altre specialità. Però io e tanti altri colleghi siamo convinti che al primo posto c’è sempre l’acume clinico del medico. Gli esami vanno richiesti con appropriatezza. Molte volte i pazienti ci chiedono: mi faccia far questo, mi faccia far quest’altro. L’esame va richiesto dopo aver accuratamente visitato il paziente, la semeiotica clinica, cioè la visita completa del paziente con tutti i segni che presentano è fondamentale ed è il medico con il suo acume clinico che deve raccogliere tutte le informazioni, chiedere gli esami in maniera appropriata e poi prendere le decisioni cliniche».
Per i medici è importanti anche la formazione continua. Lei quanto la ritiene importante nell’agire del medico?
«Si, è fondamentale. Forse ci vogliono dei sistemi di controllo diversi, più precisi, ma soprattutto ai congressi più importanti vanno attribuiti crediti ECM più consistenti. A volte ci capita di vedere che i congressi nazionali, ma anche quelli internazionali dove c’è il fior fiore degli specialisti, hanno dei punteggi ECM piuttosto bassi. Forse va un po’ rivisto il sistema però la formazione continua è fondamentale».
Quali sono i disturbi gastroenterologici più diffusi tra gli italiani?
«Al primo posto c’è il reflusso gastroesofageo che colpisce il 30% della popolazione, il 10% ce l’ha addirittura in maniera cronica. Poi abbiamo la gastrite: è importante definirla nelle sue varie caratteristiche tenendo conto che molto spesso la gastrite è addirittura asintomatica per cui, dopo una certa età, andrebbe fatta anche una sorta di prevenzione: ci sono alcune gastriti che sono anche di tipo precanceroso. Poi abbiamo il colon irritabile che con lo stile di vita di oggi risponde alla nostra psiche, alla nostra tensione nervosa. È il cosiddetto secondo cervello. Spesso è dovuta a una alterazione del microbiota intestinale e oggi anche lì sono stati fatti tanti passi avanti. Molte volte abbiamo visto che non è proprio tutta colpa della testa ma ci sono da chiarire tanti aspetti come per esempio sovracrescite batteriche intestinali, le intolleranze, le allergie alimentari, a volte alcune parassitosi. Poi molto frequenti sono anche i disturbi dell’alvo come stipsi e diarrea che si accompagnano a volte soltanto a disturbi funzionali ma che a volte sottendono malattie più importanti».
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Su questi disturbi ci sono nuove cure? Quali sono le nuove frontiere della gastroenterologia?
«Sì, ci sono nuove terapie. La malattia da reflusso fondamentalmente è una malattia della valvola che quindi si risolve con la chirurgia perché va ricostruita la valvola. Si stanno facendo delle nuove sperimentazioni che potrebbero risolvere definitivamente la problematica. I farmaci che ci sono fino ad oggi, per quanto importanti, come gli inibitori di pompa protonica, dovrebbero essere presi cronicamente a vita. Nuovi passi avanti sono stati fatti anche nel campo della stipsi, dove ci sono nuove molecole che permettono di risolvere soprattutto la stipsi che si accompagna al colon irritabile: una è la linaclotide che è un farmaco che combatte sia il dolore sia la stitichezza oppure il prucalopride che combatte quelle forme di atonia dell’intestino completamente fermo. Questi sono i nuovi farmaci che abbiamo a disposizione. Per quel che riguarda il colon irritabile siamo fermi, la novità è che riusciamo a fare delle diagnosi più precise, cioè riconoscere alcuni sottocapitoli che in effetti non erano colon irritabile ma sono patologie che si possono risolvere. In genere al paziente con il colon irritabile gli si dice: caro lei, non ha niente, è teso, è agitato, tutta la vita avrà questo disturbo, io ci sono per darle una mano però non lo risolveremo. Questo lo possiamo dire dopo aver fatto tanti accertamenti che ci permettono di escludere il colon irritabile e riconoscere la diagnosi precisa».
Quanto è importante l’alimentazione?
«È più di quarant’anni che faccio questo mestiere e devo dire che i primi anni è stata un po’ sottovalutata l’alimentazione. Ultimamente sta venendo fuori prepotentemente perché può aiutarci tantissimo: nel reflusso c’è la cioccolata, la menta, tante cose che vanno escluse. Molto utile l’alimentazione anche nella gastrite: esiste una gastrite iperacida in cui dobbiamo evitare gli alimenti che stimolano la secrezione ma esiste anche una gastrite ipoacida, achilica, dove invece dobbiamo prescrivere delle cose che stimolano la secrezione».
Ad un giovane medico che si appresta a diventare gastroenterologo cosa consiglia?
«Il consiglio che io do a tutti i medici e che ho dato anche a mia figlia, che è diventata anche lei una gastroenterologa, è questo: facciamo questo mestiere solo se abbiamo passione, se amiamo l’ammalato perché non è un mestiere come gli altri. Facciamo il medico solo se abbiamo voglia di sacrificarci, di essere a disposizione dei malati».
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