Lavoro e Professioni 2 Luglio 2018 10:58

Frittelli (Federsanità ANCI): «È tempo di una nuova riforma del sistema sanitario»

La Presidente commenta anche il fenomeno delle aggressioni al personale sanitario, evidenziando la necessità di ricomporre la frattura creatasi tra medici e cittadini. Si dice infine preoccupata per il ritardo nell’adozione dei decreti mancanti per attuare la legge sulla responsabilità professionale

Frittelli (Federsanità ANCI): «È tempo di una nuova riforma del sistema sanitario»

Tiziana Frittelli, Presidente di Federsanità ANCI, non si risparmia nel dare consigli al nuovo Ministro Grillo. Dal finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale al necessario superamento dell’organizzazione a silos, passando per la scelta dei direttori generali ed il ruolo dei medici di medicina generale fino ad arrivare alle aggressioni al personale sanitario e alla legge sulla responsabilità professionale. La Presidente spiega e commenta a Sanità Informazione le principali questioni che coinvolgono la sanità italiana. Che, ne è convinta, deve essere riformata.

Presidente, il governo ha ormai iniziato a lavorare. Secondo lei quali sono i temi sanitari che dovranno essere affrontati prioritariamente?

«Innanzitutto credo che ormai sia tempo di una nuova riforma del sistema sanitario. L’SSN compie 40 anni ed è un ottimo sistema, ma non possiamo lasciare le Regioni sole, perché abbiamo visto che ci sono Regioni di classe A e Regioni di classe B e non è giusto che i cittadini debbano subire queste differenze. È necessario revisionare l’organizzazione sanitaria perché quella attuale è ancora basata sui silos delle strutture, ma oggi è impensabile non lavorare per processi e PDTA (Percorsi Diagnostico Terapeutico Assistenziali): se non adeguiamo l’organizzazione sanitaria delle strutture a responsabilità che corrano lungo percorsi e non sulle singole strutture, ci troveremo sfasati di fronte a nuove esigenze. Credo che i punti nodali da affrontare siano una selezione rigidissima nella scelta dei direttori generali e una maggiore integrazione ospedale-territorio da declinare in maniera concreta. Su questo ovviamente sarà fondamentale l’assetto giuridico dei medici di medicina generale, che sono pronti ad acquisire maggiore consapevolezza e ad entrare in competizione proattiva con il mondo sanitario».

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Per quanto riguarda il finanziamento del sistema sanitario?

«A mio avviso va cambiato anche quello. Oggi c’è una grande discrasia tra remunerazione degli ospedali e del territorio: le Asl vengono remunerate per quota capitaria, quindi dove non esistono sistemi di controllo la quota capitaria viene erogata anche se un’attività non viene svolta; al contrario negli ospedali l’erogazione avviene solo dopo che si siano effettuate le prestazioni sanitarie. Quindi anche questo mi sembra un punto nodale che possa orientare il sistema».

Si parla spesso, purtroppo, di aggressioni al personale sanitario. Secondo lei qual è la strada da seguire per arginare questo fenomeno?

«Da un lato ovviamente le aziende devono fare il massimo per proteggere ed essere vicini agli operatori, mettendo in campo tutte le soluzioni possibili. Ma questa è soltanto una modalità di gestione del problema, mentre ci dobbiamo interrogare sul perché questo fenomeno sia nato. In Italia si è creata una frattura culturale enorme tra operatori sanitari e cittadini, nonostante il nostro sia uno dei sistemi migliori al mondo che garantisce un universalismo delle cure assoluto e assiste anche l’ultima persona arrivata in Italia e che non ha mai pagato un euro di tasse. Per risanare questa frattura, bisogna far rincontrare le parti: i cittadini devono capire la complessità del sistema sanitario, che, anche se a varie velocità, è sempre aperto a tutti, e l’importanza del ruolo degli operatori, che non possono essere toccati; dall’altra parte il personale sanitario deve capire che di fronte ha una persona e non un numero o una cartella clinica. Bisogna trovare un grande equilibrio e restituire agli operatori sanitari quel ruolo sacrale che avevano 50 anni fa, quando mia nonna vedeva nel medico di famiglia un punto di riferimento culturale importante nella sua vita. Poi ho ad esempio molto apprezzato l’intervento del Ministro Grillo sulla problematica delle liste d’attesa, perché anche questo contribuisce a creare un clima avvelenato».

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A un anno dall’approvazione della legge sulla responsabilità professionale, qual è il punto della situazione?

«È in itinere, perché il precedente governo ha emanato tre decreti attuativi ma siamo piuttosto preoccupati per quelli che mancano. Speriamo che il Ministro Grillo stimoli l’avvio dei tavoli per l’importantissimo decreto attuativo in materia assicurativa che deve stabilire i requisiti minimi delle polizze e le modalità della costituzione dei fondi previsti in caso di auto ritenzione. Inoltre è fondamentale il decreto di attuazione della legge concorrenza sull’approvazione delle tabelle delle macro lesioni. È ovvio poi che l’impegno maggiore debba essere svolto sul profilo della prevenzione del rischio, e non illudiamoci che questa gestione possa essere isorisorse, come prevede la legge 24; anzi, le aziende devono fare un investimento importantissimo sulla prevenzione del rischio e sui percorsi di formazione degli operatori sanitari, su cui Federsanità è particolarmente impegnata. Quindi come operatori del settore siamo preoccupati perché la partita della responsabilità professionale sanitaria insiste su un fondo che ci auguriamo possa essere incrementato, compatibilmente con le esigenze del Paese».

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