“L’infertilità maschile, che rappresenta il 40% delle cause di infertilità, ha avuto scarsa considerazione fino a poco tempo fa, sotto l’errata convinzione che la sterilità femminile fosse predominante. Già da molti anni IVI presta particolare attenzione all’infertilità maschile”. Lo dichiara la Dottoressa Daniela Galliano, Direttrice del Centro IVI di Roma. Di questo argomento se ne […]
“L’infertilità maschile, che rappresenta il 40% delle cause di infertilità, ha avuto scarsa considerazione fino a poco tempo fa, sotto l’errata convinzione che la sterilità femminile fosse predominante. Già da molti anni IVI presta particolare attenzione all’infertilità maschile”. Lo dichiara la Dottoressa Daniela Galliano, Direttrice del Centro IVI di Roma.
Di questo argomento se ne discute a Barcellona, nel corso del Congresso ESHRE (European Society of Human Reproduction and Embriology), durante il quale IVI presenta vari studi sul tema.
La azoospermia consiste nell’assenza di spermatozoi nel seme eiaculato; la azoospermia ostruttiva è meno grave, percè consiste in un difetto nei tubuli seminiferi o canale deferente che impedisce la fuoriuscita di spermatozoi durante l’eiaculazione, se c’è produzione di liquido seminale nel testicolo.
La diagnosi di azoospermia (assenza di spermatozoi nei campioni di liquido seminale) ha bisogno di una biopsia ai testicoli che consenta di verificare se il testicolo produca spermatozoi. Sarebbe un grande passo avanti scoprire un metodo alternativo e non invasivo, come un algoritmo, che consenta di verificare la presenza di spermatozoi nel testicolo evitando tale intervento. La Dottoressa di IVI Barcellona, Marga Esbert, ha basato il proprio studio nel determinare la capacità predittiva di determinati fattori, per indicare se siano o meno presenti spermatozoi nel testicolo.
Nello studio sono stati raccolti i dati di tutti i pazienti azoospermici di IVI Barcellona sottoposti a biopsie testicolari nel periodo compreso tra il 2004 ed il 2017. Su un campione totale di 96 uomini sono stati analizzati distinti parametri come età, durata della sterilità, livello di Ormone follicolo-stimolante (FSH), indice di massa corporea, dimensione dei testicoli e tipo di patologia, associati con il risultato della biopsia.
“Nei pazienti che presentano azoospermia ostruttiva – commenta la Dottoressa Esbert – siamo in grado di recuperare spermatozoi fino al 100% dei casi; tuttavia, nei maschi con azoospermia secretiva la percentuale scende al 29%: se facessimo una diagnosi attraverso un metodo non invasivo sarebbero proprio loro a beneficiarne maggiormente.
La azoospermia secretiva è la più grave poiché implica un difetto nella spermatogenesi (processo di formazione delle cellule sessuali maschili) che determina che gli spermatozoi non vengano generati.
Si stanno cercando tipologie differenti di marcatori, ma al momento non esiste consenso a livello scientifico. Da parte nostra, lo studio ha dimostrato che in funzione del volume testicolare possiamo valutare in maniera abbastanza attendibile la presenza di spermatozoi nel testicolo. Stiamo lavorando per ottenere altri tipi di marcatori, e la prossima fase della nostra ricerca sarà rivolta a localizzare proteine e Micro-RNA dai campioni di pazienti azoospermici per consentire di prevedere se il testicolo sia funzionale”.
Il MACS è una tecnica che consente di selezionare gli spermatozoi con le migliori caratteristiche perché vengano utilizzati nei trattamenti di riproduzione assistita.
Nell’altro studio presentato, Rocío Rivera, medico di IVI Valencia, si è soffermata sulle differenze nel profilo proteico dei campioni di diversi pazienti, facendo una comparazione tra quelli che, grazie alla fecondazione mediante ICSI, hanno generato una gravidanza e quelli che non ci sono riusciti, in modo che, dopo aver analizzato le proteine che compongono il liquido seminale, si possa identificare quali siano legate al successo o al fallimento riproduttivo. Per standardizzare al massimo il fattore femminile, e per far sì che l’esito della gravidanza dipenda, in misura maggiore, dal fattore maschile, per tutti i pazienti è stato deciso di utilizzare trattamenti con donazione di ovociti.
La Dottoressa Rivera afferma che “con questo studio abbiamo conosciuto e descritto il profilo proteico dei campioni, sia quelli che hanno generato una gravidanza sia quelli che non l’hanno fatto. Abbiamo comprovato che esistono differenze come per le proteine, e che queste possono servire come marcatori che ci consentono di separare gli spermatozoi in grado di dare vita ad una gravidanza da quelli che non sono in grado di farlo. Andando oltre, mediante la tecnica MACS, si può ipotizzare di arricchire un campione con spermatozoi che contengano le migliori proteine per essere utilizzate in un trattamento di riproduzione. In ogni caso, tutto questo non è che una ipotesi per continuare a fare ricerca nel futuro”.