Il Vicepresidente FNOMCeO e Presidente dell’OMCeO di Venezia avverte: «Se non si aumentano le borse di studio per specializzazioni e corsi MMG assisteremo ad un peggioramento del SSN, e anche con una certa velocità»
In un sistema sanitario con pochi medici, organizzare le ferie può essere ardua impresa. Giovanni Leoni, Vicepresidente della FNOMCeO e Presidente dell’OMCeO di Venezia, identifica provocatoriamente proprio in questa attività uno degli ostacoli principali che i reparti ospedalieri hanno dovuto affrontare quest’anno, sottolineando il problema della carenza di personale con cui, soprattutto nei mesi estivi, medici e pazienti devono convivere. Riconduce tutto al basso numero di contratti per le scuole di specializzazione e i corsi di formazione in medicina generale, Leoni, non sufficienti a far fronte ai pensionamenti da cui il SSN sarà travolto nei prossimi anni. A questo tema, in una sorta di flusso di coscienza, collega l’insufficienza di specialisti e quindi i turni massacranti e le lunghe liste di attesa, che possono sfociare nelle sempre più frequenti aggressioni al personale sanitario; inserisce nel discorso l’importanza della comunicazione tra medico e paziente ed il ruolo per cui sono nate la libera professione e le strutture private, senza dimenticare le differenze sostanziali tra i sistemi sanitari delle Regioni del Nord e quelli del Centro-Sud. Conclude infine con un invito: «Un sabato sera o una domenica pomeriggio, direi tra le 17.00 e le 20.00, faccia un tour in un Pronto Soccorso, magari di un punto turistico. Le assicuro che è un’esperienza, si vede la medicina da un altro punto di vista. Un conto è parlarne, un conto è vedere».
Presidente Leoni, quali sono le tematiche sul tavolo del Ministro Grillo?
«Senza dubbio l’aumento delle borse di studio post-lauream e la curva dei pensionamenti. In Veneto per il concorso d’accesso al corso triennale di medicina generale abbiamo ricevuto 850 domande. Sa quanti sono i posti a disposizione? 60. Cinquanta finanziati dallo Stato e 10 dalla Regione. Avevamo chiesto di arrivare almeno a 100 ma non è stato possibile».
Però sono stati aumentati i posti a Medicina…
«Sì, peccato che il problema non sia sul numero dei laureati annui. Esistono già 8-9mila medici laureati ma non specializzati che ricoprono posizioni lavorative inferiori alle loro aspettative e necessità. Il Sistema Sanitario Nazionale ha bisogno di specialisti, in particolare di pediatri, ginecologi, chirurghi, medici di Pronto soccorso e radiologi. E prova ne è il pacchetto di prestazioni aggiuntive che vengono pagate ai medici in servizio per far fronte ai buchi di personale».
E in estate la situazione non può che peggiorare…
«In estate anche i medici vogliono giustamente andare in vacanza. Il problema più grosso del 2018 di vari reparti ospedalieri è stato pianificare le ferie, perché essendo già in affanno a pieno organico andare in ferie significa costringere le persone che rimangono a lavorare con dei turni ancora più intensi. Ma un ospedale non può fermarsi: possiamo rimandare un intervento per una piccola ernia o per una colecisti, ma le urgenze in oncologia o di trapianti ci sono in tutti i mesi dell’anno e necessitano personale H24 che le fronteggino».
Se non si pone velocemente rimedio a questa situazione secondo lei cosa rischia il SSN?
«L’opinione pubblica deve percepire che se vogliamo continuare a vedere un Sistema Sanitario Nazionale come lo conosciamo adesso, pubblico e solidale, economico ed universalistico, senza distinzioni tra chi si può permettere un’assicurazione e chi no, qualcosa deve cambiare. Negli Stati Uniti viene destinato alla sanità il 16% del PIL; noi variamo tra il 6 ed il 6,5%, con tendenza alla diminuzione. La Germania ha tre volte il numero dei posti letto dell’Italia; noi tendiamo sempre a diminuire gli investimenti. È una scelta politica, ma non è possibile mettere contro cittadini e medici».
Intanto però leggiamo quasi quotidianamente di aggressioni al personale sanitario.
«Crescono le liste d’attesa e diminuiscono i medici, i punti di pronto soccorso e gli ambulatori. Sono fatti che scaldano gli animi delle persone ed esaltano i loro sentimenti più violenti. Ed è curioso, perché tutti noi medici nasciamo con il desiderio inconscio di offrire semplicemente un servizio alla popolazione. Poi, certo, ci sono anche derive, tangenti, medici che non si comportano adeguatamente, ma la stragrande maggioranza dei medici sono persone miti, dedite alla loro attività, che adesso sono, paradossalmente, anche vittime della violenza».
E la libera professione come si inserisce nel tema delle liste d’attesa?
«La libera professione è una libera scelta del cittadino che vuole essere seguito da un determinato medico. Non deve essere un obbligo, un paziente non deve essere costretto a pagare una prestazione visto che non riesce ad averla entro un determinato periodo di tempo. Non dovrebbe funzionare così. C’è la possibilità di fare una programmazione e ci deve essere un ambulatorio che riesca a rispondere alle richieste, senza che finiscano nel dimenticatoio. Credo che una grande sfida sia quella di omogeneizzare questo tipo di risposta in tutta Italia: ricoprendo un ruolo nazionale, ho scoperto le pesanti differenze tra i vari sistemi regionali e bisogna fare un grosso sforzo per aiutare le Regioni del Centro-Sud».
Insomma, all’origine di tutto c’è la necessità di formare e quindi assumere più medici.
«È necessario fare un’adeguata programmazione della sostituzione dei medici che andranno in pensione, altrimenti dovremo aumentare il ritmo delle prestazioni diminuendo il tempo da dedicare al paziente, cosa non fattibile perché non lavoriamo in una catena di montaggio. Si dice continuamente che il tempo di comunicazione è tempo di cura, che il paziente ha necessità di parlare col medico e che il medico deve spiegare bene al paziente cosa ha e cosa deve fare. Ma sono parole vuote, perché se hai 50 persone in sala d’attesa, cerchi automaticamente di aumentare la velocità, perché senti la pressione anche psicologica. Insomma, se non si interverrà presto su tutti questi aspetti, non potremo fare altro che vedere un sistema peggiorato, e anche con una certa velocità».
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