«Questa situazione è il frutto di una grave incapacità gestionale». Il sindacalista evidenzia l’insufficiente numero di posti per far fronte ai pensionamenti dei medici e lancia l’allarme: «Se passasse “Quota 100” sarebbe la catastrofe»
Sono ore importanti per gli aspiranti specializzandi. Hanno trascorso gran parte della giornata chiusi in aule universitarie ad affrontare la prova nazionale per l’accesso alle scuole di specializzazione. 6934 i posti che si contendono. Un numero aumentato di 259 unità rispetto allo scorso anno, ma che è ancora nettamente inferiore al fabbisogno stabilito dalle Regioni, secondo le quali sarebbero necessari 8600 contratti per fronteggiare la carenza di medici cui il SSN sta andando incontro.
LEGGI ANCHE: IMBUTO O TRAMPOLINO: È LA SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE TRA ATTESE, TURNI MASSACRANTI E BLOCCO DEL TURNOVER
«L’aumento dei contratti è la solita farsa» commenta senza alcuna esitazione Pierino Di Silverio, Responsabile Nazionale di Anaao Giovani. «6934 specialisti non sono sufficienti a sostituire i medici che andranno in pensione nei prossimi anni. E nessuno sta considerando che si sta mettendo mano alla Legge Fornero: se dovesse passare “quota 100” i medici andranno in pensione prima e i posti da occupare sarebbero il doppio. Sarebbe una catastrofe».
Intanto, però, aumentano i posti a medicina, «contribuendo solo ad allargare gli effetti dell’imbuto formativo: se di pari passo non aumentano i contratti per le scuole di specializzazione saranno ancora di più i laureati che non potranno completare il loro percorso accademico. Usiamo invece quelle risorse per il post-lauream – suggerisce Di Silverio – e apriamo i teaching hospital. Diamo vita alla formazione integrata tra ospedali, università e territorio. Il percorso di specializzazione – continua – non può continuare ad essere ad esclusivo appannaggio delle università che non hanno le infrastrutture per fronteggiare le esigenze formative: non hanno i docenti, non hanno i medici, non ce la fanno numericamente».
LEGGI ANCHE: «HO 60 ANNI E VOGLIO FARE IL MEDICO». STORIA NON COMUNE DI UN ASPIRANTE CAMICE BIANCO…
È un problema, quello della carenza dei medici, che secondo Di Silverio va affrontato «sedendoci intorno ad un tavolo insieme ai Ministeri competenti, nella Conferenza Stato-Regioni e con chi vive quotidianamente questa situazione cercando una soluzione adatta. Basterebbe – prosegue – fare un prospetto del fabbisogno nel medio e lungo termine, capire quali specialità mancano e dove c’è più necessità di medici. Andrebbero coinvolti gli Ordini dei medici, le società scientifiche, gli enti istituzionali che possono dare una mano. È una crisi generazionale che coinvolge tutto l’ambito medico e nessuno può tirarsene fuori».
«Lo diciamo da mesi ormai ma l’unica risposta che riceviamo è il silenzio assordante e preoccupante del MIUR e dei Ministeri competenti. Il sistema sta implodendo e nessuno fa niente. Noi siamo stanchi e l’unica azione che ci rimane da intraprendere è adire la Corte europea perché il governo non sta facendo nulla per assicurare i LEA, né di oggi né di domani».
È il grido disperato di chi pensa che a mancare non siano le risorse, ma «la volontà di affrontare la questione. Comincio a pensare – aggiunge Di Silverio – che oltre a interessi economici e politici ci sia una grave incapacità gestionale, altrimenti non si parlerebbe di aumento di posti a medicina con una crisi lampante dei medici già formati. E questo sarebbe ancora più grave perché andrebbe al di là dell’assenza di volontà politica».
Ma è un quadro ancor più buio quello che il Responsabile di Anaao Giovani dipinge quando amplia il discorso alle sorti dell’intero Sistema Sanitario Nazionale: «Sembra che investire nel servizio pubblico non sia più conveniente per lo Stato. Temo, anzi, che ci sia un progetto per smantellarlo a favore del privato. Basta guardare ai numeri: negli ultimi due anni c’è stato un incremento del 7-10% delle polizze mediche assicurative e le strutture convenzionate hanno avuto delle facilitazioni economiche importanti. Stiamo assistendo all’americanizzazione del sistema sanitario e sul pubblico non si investe più. Abbiamo delle strutture fatiscenti, ai limiti dell’agibilità. Sembra che il territorio debba risolvere tutte quelle problematiche oggi correlate agli ospedali, ma non c’è un piano prospettico basato sulle reali esigenze del cittadino. E questo mi preoccupa molto» conclude.