Salute 19 Luglio 2018 10:35

Alcol e fumo possono cambiare i colori del mondo. Il daltonismo spiegato dal Professor Troiano (SOI)

La visione alterata dei colori può essere causata da un difetto congenito, da malattie del nervo ottico o dal consumo eccessivo di alcolici e tabacco. Non c’è terapia ma oggi esistono degli occhiali per migliorare la visione dei colori. Ma non sono per tutti…

Alcol e fumo possono cambiare i colori del mondo. Il daltonismo spiegato dal Professor Troiano (SOI)

Forse non tutti sanno che vedere i colori alterati non dipende solo dalla genetica. Quello che generalmente, ed erroneamente, viene definito daltonismo, in realtà non comprende tutte le anomalie della visione cromatica. Alcune, in gergo “discromatopsie acquisite”, possono essere causate da malattie del nervo ottico o dall’eccessivo uso di alcol o di sigarette. Ed è proprio l’anomalia alcolica-tabagica la forma più classica. Bere e fumare smodatamente possono quindi, letteralmente, cambiare i colori del mondo che vediamo. In particolare, possono alterare la visione dell’asse blu-giallo.

«La visione dei colori – ci spiega Pasquale Troiano, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oculistica dell’Ospedale Fatebenefratelli “Sacra Famiglia” di Erba (CO) e Presidente del Comitato Tecnico Scientifico SOI (Società Oftalmologica Italiana) – si basa sui tre colori fondamentali: il rosso, il verde e il blu, che si mescolano dando luogo alle infinite sfumature che vediamo. Questi tre colori si distribuiscono su due assi cromatici, l’asse rosso-verde e l’asse blu-giallo. Le alterazioni sull’asse blu-giallo sono causate da fattori esterni, mentre le alterazioni sull’asse rosso-verde sono causate da un difetto congenito e sono il vero e proprio daltonismo».

Il daltonismo è quindi una malattia genetica causata da un’anomalia del cromosoma X. Colpisce quindi molto più frequentemente i maschi, mentre le femmine possono trasmettere il carattere ma normalmente non hanno la manifestazione clinica. Le persone che vedono i colori in modo anomalo potrebbero rappresentare l’8-10% della popolazione. Una stima al ribasso perché non tutti ne sono consapevoli: «La diagnosi non è semplicissima – spiega Troiano – perché il test non viene eseguito nel corso di una visita oculistica classica. O si ha una visione alterata molto pesante di un colore, di cui il paziente si rende conto da solo, oppure, se riguarda delle sfumature evidenziabili solo ai test, sfugge integralmente».

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Un giorno potremmo quindi scoprire di aver sempre visto alcuni colori in modo diverso rispetto agli altri, oppure non accorgercene mai. Perché l’oculista non propone il test a tutti i pazienti, allora, e non solo a chi sospetta di vedere i colori male? «Se il paziente non lamenta sintomi – risponde il Professore – vuol dire che l’alterazione è così sfumata che nemmeno se ne accorge. E comunque sul piano terapeutico non si può far nulla, visto che non c’è una terapia disponibile».

Non si può curare, quindi, ma oggi esistono degli occhiali che permettono di migliorare la visione cromatica di coloro che hanno un deficit profondo. «Si tratta di filtri – spiega Troiano – che permettono di enfatizzare il colore più difficoltoso, ma vengono utilizzati solo da chi ne ha veramente bisogno, ad esempio per motivi professionali. Pensi cosa può significare fare un disegno al computer con un programma che ha 300 righe di sfumature diverse e non distinguerle. In quel caso l’occhiale ha una sua utilità. Ma per il resto – conclude l’oculista -, finito il disegno o superato l’effetto sorpresa che si prova nello scoprire i veri colori del mondo, il paziente continuerà ad utilizzare i suoi occhi come ha sempre fatto».

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