Nel presentare l’iniziativa del suo Ordine per raccogliere dati e studiare il fenomeno, il Presidente dichiara: «In caso di aggressione il medico responsabile della sicurezza dovrebbe denunciare il proprio datore di lavoro, ma chi è disposto a farlo?»
Qualche mese fa è stato protagonista di un sit-in organizzato al centro di Palermo per puntare i riflettori sulle aggressioni agli operatori sanitari. Ora, insieme al suo Ordine, è promotore di un’iniziativa volta a raccogliere dati «epidemiologici» sul fenomeno. Perché per Toti Amato, Presidente dell’OMCeO del capoluogo siciliano, «la violenza contro i professionisti della sanità è una malattia grave».
LEGGI ANCHE: REGIONE LAZIO, ISTITUITO OSSERVATORIO SULLE AGGRESSIONI AL PERSONALE MEDICO
Lo abbiamo intervistato a margine del recente Consiglio Nazionale FNOMCeO, dove ha presentato ai Presidenti degli Ordini provinciali il suo progetto. «È un’indagine stimolante – ci ha detto Amato – e i primi dati che abbiamo su Palermo sono interessanti. Di fatto emerge la paura degli operatori sanitari, perché ancora non c’è l’adeguata protezione che noi chiediamo, e, se vittime di un’aggressione, il timore di ritorsioni da parte dei superiori. In caso di aggressione di fatto oggi il medico responsabile della sicurezza dovrebbe denunciare il proprio datore di lavoro, ma chi è disposto a denunciare il proprio datore di lavoro?» si chiede il Presidente dell’Ordine di Palermo.
«Il Presidente della FNOMCeO Anelli – ha proseguito – ha parlato del coinvolgimento nel progetto della Fiaso (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere) che è senz’altro ben accetto, ma non può essere esaustivo, perché i direttori generali non possono fare altro che riportare i dati dei risk manager e dei responsabili della sicurezza, i veri detentori di queste informazioni. Sono però figure dipendenti del direttore generale dell’azienda ospedaliera e dovrebbero quindi mettere sotto accusa il direttore generale… Allora siamo più efficaci noi che chiediamo direttamente al collega di farci conoscere la sua situazione».
Il groviglio di ruoli e responsabilità è quindi confuso e ci sono aspetti ancora sottovalutati, come la segnalazione di casi anomali ed eventi sentinella tra cui, secondo Amato, c’è anche il burnout: «Un medico che è stanco e affaticato è in grado di comprendere se la persona che ha davanti può essere aggressiva? Anche questi sono elementi che andrebbero valutati».
«Noi ragioniamo da medici – ha specificato Amato continuando a spiegare l’iniziativa – e vogliamo studiare il fenomeno delle aggressioni a medici e professionisti sanitari in maniera sistematica e organizzata». Epidemiologica, appunto. Perché «non c’è ancora un’immagine di insieme sull’argomento: i media riportano solo i casi gravi, le organizzazioni sindacali guardano al loro settore e alla loro area di influenza. È necessario quindi raccogliere dati certi, in maniera anonima, e pensiamo che il risultato dell’iniziativa sarà un successo. Prova ne è il fatto che l’abbiamo intrapresa come Ordine di Palermo, hanno già aderito gli infermieri e vogliono unirsi anche le ostetriche. Adesso la FNOMCeO ha preso in mano la situazione, quindi vuol dire che ci stiamo avviando verso una forma di coordinamento senz’altro funzionale».