«Medici e odontoiatri sono professionisti liberali, dunque è giusto che venga tutelato il frutto della loro attività. Ecco, la Blockchain può farlo in trasparenza e nel rispetto della privacy» così il Presidente della cassa previdenziale dei medici e degli odontoiatri
«Nuove opportunità per garantire una migliore tutela della salute e una cura delle malattie più efficace», così Alberto Oliveti, Presidente Enpam, definisce la tecnologica della Blockchain, nuovo orizzonte che si affaccia in tutti i settori anche, e soprattutto, nell’ambito delle scienze e della medicina. Ma le applicazioni di questa nuova tecnologia ‘a blocchi’ non hanno delle ricadute solo sulla cura del paziente e sulla sostenibilità del sistema sanitario, ma anche sulla professione del medico dal punto di vista etico, deontologico ed economico. A spiegarlo il Presidente della cassa previdenziale dei medici ed odontoiatri.
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Con la rivoluzione tecnologica sono sempre più diffusi i servizi e le piattaforme che ristrutturano l’organizzazione stessa della professione: che pensa di queste nuove frontiere?
«Sono assolutamente ottimista e vedo questa trasformazione più che positiva. Ritengo che le nuove frontiere tecnologiche possano determinare un potenziamento delle attività del medico e del dentista nei riguardi proprio del paziente. È altrettanto evidente che questo comporta un cambiamento al quale bisogna adattarsi rapidamente adottando tutte le misure di tipo formativo ed operativo che sono necessarie. È tuttavia giusto dire che, nonostante l’enorme potenziale di queste tecnologie, queste non possono sostituire quel rapporto professionale tra medico e paziente che è basato su competenze tecnico scientifiche, capacità induttiva e deduttiva tra diagnosi e trattamento efficace. Il rapporto umano è indispensabile, quella componente di empatia che caratterizza il confronto tra professionista e utente oggi appare fondamentale per offrire un riferimento certo a chi ha bisogno di assistenza».
Una delle rivoluzioni tecnologiche all’orizzonte è la Blockchain. In un suo recente intervento lei ha dichiarato che questa innovazione promette grandi evoluzioni dal punto di vista della trasparenza e della tracciabilità. Secondo lei è possibile un’applicabilità anche sul fronte della previdenza?
«Questo sarebbe molto interessante, la Blockchain sostanzialmente permette una decentralizzazione dei dati e l’esistenza di un registro aperto – ovviamente nel rispetto della privacy e della trasparenza – a tutti quelli che hanno diritto ad accedervi. Inoltre, la scrittura indelebile di tipo informatico traccia perfettamente il momento e la sostanza di quello che vi è scritto. Vero anche che si tratta di una tecnologia energivora che sicuramente dovrà aprire nuovi spazi all’utilizzo e alla fornitura di energia necessaria, questo è da tenere presente, ma nello stesso tempo permette la prevedibilità e la tracciabilità degli atti, aspetto fondamentale dal punto di vista medico per quello tutto quello che è refertazione, certificazione e tracciatura. Dal punto di vista previdenziale può aprire la porta ad una potenzialità collegata ai contratti intelligenti che possono essere scritti sostanzialmente in queste ‘stringhe’ e dunque, garantire il riconoscimento dell’esercizio operativo e professionale della proprietà intellettuale. Infatti i medici sono professionisti liberali che si sostanziano per la persistenza e il riconoscimento di un bagaglio tecnico, professionale e personale del tutto individuale – anche se all’interno di organizzazioni strutturate – che ha sempre conseguentemente un’indubbia ricaduta sulla collettività. Da questo punto di vista la proprietà intellettuale è caratterizzante della sostanza, dell’assistenza e dell’opera professionale, dunque è corretto che questa possa prevedere il giusto riconoscimento, la giusta remunerazione – anche in senso previdenziale – senza passare per le piattaforme della rete informatica. La Blockchain può farlo».
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