«Sono 3.200 le persone che, ogni anno, in Italia, perdono la vita a causa di una prolungata esposizione al gas. Le sue radiazioni colpiscono soprattutto le cellule dei bronchioli e degli alveoli polmonari, modificandone il dna e causando l’insorgenza del cancro», spiega il Presidente della Società italiana di Medicina Ambientale
Non ha colore, né sapore, né odore. Anche quando c’è, nessuno dei nostri sensi è in grado di percepirlo. Si chiama radon ed è un gas nobile radioattivo naturale. Dopo il fumo di sigaretta, rappresenta il principale fattore di rischio per il tumore polmonare.
«Ogni anno, in Italia – ha spiegato Alessandro Miani, presidente della Società italiana di Medicina Ambientale (Sima) – il radon miete, in media, 3.200 vittime. È la seconda causa di tumore al polmone dopo il fumo. I rischi per la salute non sono strettamente legati all’inspirazione e all’espirazione di questo gas, ma ai suoi prodotti di decadimento. Il radon è una sorta di carrier (un vettore trasportatore, ndr) che porta all’interno del nostro organismo, soprattutto a livello dell’apparato respiratorio, degli specifici metaboliti. In particolare, trattandosi di un gas radioattivo, quando comincia a decadere emana delle radiazioni. Le più note sono le radiazioni alfa che vanno a colpire soprattutto le cellule dei bronchioli e degli alveoli polmonari, modificandone il dna e creando l’insorgenza di cancro al polmone. I fumatori e gli ex fumatori – ha sottolineato il presidente della Sima – sono statisticamente i più colpiti: per loro il rischio di morte è 25 volte più alto che in un soggetto non fumatore, esposto alla stessa quantità di radon per un uguale lasso di tempo».
Secondo recenti studi dell’Istituto Superiore di Sanità il 10 per cento dei circa 31 mila casi di tumore ai polmoni che si registrano ogni anno in Italia sarebbero attribuibili proprio al radon.
Ma il tumore potrebbe non essere l’unico rischio che si corre esponendosi in modo prolungato a questo gas. «Sono stati studiati altri rapporti, a livello epidemiologico, tra l’assunzione di radon e l’insorgenza di particolari patologie – ha aggiunto Miani – Una di queste è la leucemia, anche se, per il momento, non è stato possibile dimostrare scientificamente una esatta correlazione tra l’incremento di leucemia e la presenza di gas radon in ambienti chiusi come le abitazioni».
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Il radon si trova in natura in piccole quantità nel suolo e nelle rocce: emerge dal terreno arrivando ad un’altezza di circa 80 cm. Una condizione che espone a maggiori rischi bambini, persone allettate ed anche animali domestici. Abitazioni al piano terra, case di campagna o luoghi disabitati a lungo sono potenzialmente i posti più pericolosi, anche se non è escluso che si possano trovare concentrazioni di radon anche in appartamenti situati in piani alti. «Per questo – ha consigliato il presidente della Società italiana di Medicina Ambientale – a prescindere dal sospetto della presenza di radon, sarebbe buona abitudine aprire le finestre 4-5 volte al giorno per cinque minuti in tutti gli ambienti chiusi, dalle case agli uffici. Un gesto semplice – ha concluso – capace di abbassare i livelli di tutti gli agenti inquinati indoor, radon compreso».