Parla il presidente della Onlus che lotta per l’abbattimento delle barriere architettoniche: “Molti studi medici non sono accessibili. Puntiamo sul cinema per sensibilizzare e informare”
La disabilità si cura con formazione e informazione, di medici e cittadini. Solo così si riuscirà a sviluppare una cultura che possa rendere il mondo più accessibile e dunque innalzare il livello della qualità della vita di tutti. Fiaba è una onlus nata nel 2000 proprio con l’obiettivo di «aumentare la qualità della vita percepita», in particolare da chi deve affrontare un’invalidità di qualche tipo. In che modo? Attraverso operatori sanitari perfettamente in grado di affrontare qualsiasi tipo di patologia e persone (non solo i pazienti, ma in generale tutti i cittadini) informate e culturalmente pronte a vivere il mondo con occhi diversi. Per perseguire questo scopo possono essere utili diversi strumenti, dai più complessi ai più popolari. Uno di questi è il cinema, protagonista di un progetto che mira a dare visibilità e premiare chi si impegna a costruire un mondo accessibile a tutti. Di questo ed altro Sanità informazione ha parlato con Giuseppe Trieste, presidente di Fiaba Onlus.
«L’obiettivo della nostra associazione è aumentare la qualità di vita percepita dalle persone in ogni tipo di ambiente. Fiaba nasce dall’esperienza maturata in venti anni dall’Anthai (Associazione Nazionale Tutela degli Handicappati), nata negli anni ’80 quando c’era un problema enorme, uno dei tanti che la nostra comunità si è ritrovata a dover affrontare: l’incontinenza. All’epoca veniva considerata un tabù, una vergogna. L’Anthai nacque proprio per aiutare le persone affette da questo tipo di patologia ad uscirne fuori, considerando anche che nell’85% erano casi curabili. Con Anthai abbiamo lavorato per 10 anni per fare in modo che quell’85% non si vergognasse della sua condizione e si rivolgesse ad uno specialista. Il restante 15%, invece, non potendo essere curato è stato riconosciuto come invalido civile. Abbiamo inoltre fatto parte della Commissione del Nomenclatore Tariffario di Ausili e Protesi, e abbiamo lavorato per inserirvi tutti quegli ausili preposti a risolvere questo problema e metterli a disposizione gratuita dei pazienti».
Quanto è importante per persone che hanno questo tipo di patologia interfacciarsi prima di tutto con una classe medica formata, e poi anche con cittadini informati su quali modalità di approccio adottare?
«Come Fiaba stiamo affrontando uno dei problemi principali che hanno i nostri ospedali, gli ambulatori, gli studi medici specialistici, che è quello delle barriere architettoniche. In Italia non abbiamo un’accessibilità facilitata per tutte le persone. È un grosso problema che stiamo cercando di affrontare per aiutare le singole persone a vivere quotidianamente le proprie città e avere pari opportunità. Teniamo presente che la stragrande maggioranza delle patologie che creano difficoltà alla persona, uomo o donna che sia, non si vedono. All’apparenza sembra che la persona stia bene, ma poi “sotto al vestito” ci sono patologie invisibili che creano difficoltà ai pazienti nel muoversi in ambienti ostili».
Con Fiaba state organizzando un festival del cinema che avrà come tematiche centrali quelle che vi stanno più a cuore. Ce ne può parlare?
«Con questo festival, che si chiama “Futuri geometri progettano l’accessibilità”, vogliamo creare nuove figure che hanno a cuore la cultura dell’accessibilità globale. Ogni anno si diplomano migliaia di studenti che, dal giorno successivo, ricevono la patente per diventare tecnici della progettazione. Sta a loro costruire le infrastrutture del futuro e renderle accessibili a tutti. Con il nostro concorso vogliamo aiutare i giovani che ci manderanno un cortometraggio, uno spot pubblicitario, un film, insomma qualsiasi prodotto audiovisivo in cui al centro c’è una location con determinate caratteristiche».
Il cinema al servizio di tematiche importanti che possono aiutare a cambiare la vita di molte persone.
«Senza dubbio. Il cinema, così come tanti altri settori, deve educare inconsciamente il cittadino a far sì che il sistema proposto venga emulato da altre persone. Tutto quel che facciamo deve essere inteso in senso pedagogico, educativo. Dobbiamo dare l’opportunità a tutti di vedere che esistono anche cose fatte per bene, e dargli in questo modo la possibilità di potersi orientare, avere scelta».