La reazione dell’Anaao Assomed: «Come in un ospedale da campo in tempo di guerra. È il simbolo dell’Italia in cui il risparmio è elevato a sistema e l’arte di arrangiarsi a pratica terapeutica». CIMO: «Cattiva organizzazione e tagli sono i veri responsabili»
Fratture immobilizzate con cartone e fasciature di fortuna al posto del gesso. È quanto sarebbe accaduto al Pronto Soccorso del Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria nelle ore notturne, quando il reparto di Ortopedia è chiuso. Secondo Gianluigi Scaffidi dell’Anaao-Assomed, i casi accertati e testimoniati da alcune fotografie sono quattro.
L’accaduto è stato segnalato dal “Corriere della Calabria” che riporta il racconto di un medico anonimo: «Gli infermieri, a cui spetta il compito di immobilizzare le parti fratturate, a volte non sono in grado di svolgere quel compito, visto che nessuno ha mai pensato di far seguire loro un corso di aggiornamento. Il Pronto soccorso non procede con l’approvvigionamento del materiale perché la farmacia dell’ospedale impone precisi limiti di spesa, in ossequio alle direttive del direttore generale ed alla necessità di raggiungere il pareggio di bilancio».
Immediata la reazione del Ministro della Salute Giulia Grillo che ha definito l’accaduto, se confermato, «di una gravità estrema» e frutto di «evidenti ed ingiustificabili carenze organizzative», nonostante «nessuno intenda sottovalutare le oggettive difficoltà in cui gli operatori svolgono la loro attività». «I carabinieri del Nas – ha proseguito – sono già stati sul posto e i miei Uffici hanno formalmente preso contatti con il Commissario Scura e con il Direttore generale, a cui chiederemo di riferire, con urgenza e puntualmente, sui gravi fatti denunciati dalla stampa. Come Ministro della Salute, assicuro tutto il mio impegno ad andare fino in fondo alla questione, sia per far emergere le relative responsabilità, sia per evitare che fatti come questo si ripetano in futuro».
Scaffidi tuttavia si schiera in difesa dei medici, che sono «al limite della sopportazione. Non è giusto accusarli di negligenza o farli passare per incapaci mentre il Direttore generale, come sempre, ha manifestato “sorpresa”, affermando di non sapere nulla. Sono i medici le prime di vittime di questa vicenda, che ci mettono la faccia in quello che fanno e l’eventuale danno professionale è a carico loro. Sono i medici di ortopedia – prosegue -, alla riapertura del reparto, a dovere rimediare alle soluzioni adottate dal Pronto soccorso. Disservizi che si sommano a tutti gli altri. Quella di Ortopedia, così come molte altre unità dell’ospedale, è diventata il principale punto di riferimento della provincia, a causa dello smantellamento del reparto di Melito Porto Salvo, dell’operatività a singhiozzo di quello di Locri e dell’esiguità dei posti letto disponibili a Polistena».
Sulla vicenda è intervenuto anche Carlo Palermo, Segretario Nazionale Anaao Assomed, che sottolinea come «la Calabria sia diventata il simbolo di un’altra Italia»: quella del «risparmio elevato a sistema, l’arte di arrangiarsi a pratica terapeutica», lo specchio di «quello che sarà tutta la sanità pubblica italiana se non si arresta il piano inclinato su cui è da tempo avviata. La Calabria – prosegue – è diventata un non luogo della sanità pubblica, creato dalla ricerca spasmodica della sicurezza dei conti che ha preso il posto della sicurezza delle cure, dalla supremazia dei numeri che ha occupato lo spazio dei diritti, dall’incapacità delle politiche regionali di assicurare l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla costituzione. E non si vedono segnali di inversione di rotta, se anche il riparto del FSN 2018 si avvia a seguire i soliti iniqui canoni e le nuove autonomie regionali a geometria variabile produrranno una nuova accelerazione verso l’istituzionalizzazione di due Paesi diversi, per i quali non esiste più una stessa ricetta salvifica».
La CIMO, dal canto suo, evidenzia come la situazione creatasi al Pronto soccorso di Reggio Calabria sia «la macroscopica e infelice evidenza» dell’«accumularsi di scarsa programmazione, cattiva organizzazione e carenze di dotazioni adeguate, frutto di tagli costanti ai finanziamenti del SSN. A farne le spese sono come sempre gli anelli finali della catena delle responsabilità, ovvero i pazienti e i medici, questi ultimi costretti a operare in situazioni di costante precarietà e urgenza, senza di mezzi di base, con il rischio di essere oggetto di vertenze e avvisi di garanzia fuori contesto. Ci auguriamo – prosegue la nota del sindacato – che simili eventi non facciano gridare semplicisticamente alla cosiddetta “malasanita’” ma aprano gli occhi sulla “mala gestione” del sistema e aiutino a mettere i medici nelle condizioni di lavorare per fornire le cure adeguate in ogni situazione e Regione d’Italia.