Esperimento coordinato dal Dipartimento di Biologia della Sapienza ha evidenziato l’attivazione di elementi genetici mobili (trasposoni) con possibili gravi conseguenze per l’organismo. Possibile ruolo nell’invecchiamento umano
Che lo stress porti malattie è un’esperienza che ognuno di noi ha potuto sperimentare di persona. Ora però a supporto di questa evidenza empirica arriva un nuovo studio, coordinato dalla Sapienza, che ha individuato in topi sottoposti a stress emotivo prolungato l’attivazione di sequenze di DNA mobili in specifiche regioni del cervello. Questi elementi sono grado di alterare le funzioni del genoma con possibili effetti nocivi sull’organismo. Il lavoro coordinato da Lucia Piacentini e Arianna Rinaldi del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin” della Sapienza suggerisce una base genetica per i possibili danni alla salute dovuti a un forte stress emotivo. I risultati della ricerca sono pubblicati sulla rivista STRESS, The International Journal on the Biology of Stress.
I ricercatori hanno osservato che nei topi, modello animale “vicino” all’uomo per molte caratteristiche molecolari, l’esposizione prolungata a condizioni di stress è in grado di indurre l’attivazione incontrollata di elementi genetici mobili (trasposoni) e dunque possibili gravi conseguenze per l’organismo.
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I trasposoni o “jumping genes” sono elementi genetici mobili, in grado di spostarsi autonomamente nel genoma e cambiare la propria localizzazione sia all’interno dello stesso cromosoma che tra cromosomi diversi. Per la loro capacità di modulare finemente e riprogrammare l’espressione di complesse reti genetiche, i trasposoni rappresentano un ottimo strumento attraverso il quale i genomi possono rispondere, in modo funzionale ai cambiamenti e agli stress ambientali.
«Abbiamo studiato l’effetto di uno stress prolungato (2 ore al giorno, per 5 giorni) – spiega Lucia Piacentini – sui topi. È stata osservata l’attivazione dei trasposoni Line-1 nell’ippocampo, una delle strutture del cervello deputate alla percezione ed elaborazione degli eventi stressanti. Nessun cambiamento significativo nell’espressione di L1 è stato invece trovato nelle altre aree del cervello».
Lo studio apre prospettive interessanti per quanto riguarda il ruolo dei trasposoni nelle malattie e nell’invecchiamento nell’uomo. In particolare, la dimostrazione di una attivazione differenziale dei trasposoni tra tipi di cellule e di tessuti diversi può aiutarci a capire perché alcuni tipi di stress aumentano il rischio di malattia in alcuni tessuti e non in altri come per esempio il disturbo da stress post-traumatico o la cardiopatia ischemica.