«Purtroppo i nostri ragazzi si trovano spesso in un contesto che enfatizza l’aspetto sociale e di divertimento legato all’alcol», spiega la numero uno dell’associazione non governativa che ricorda i danni che il consumo di bevande alcoliche può provocare soprattutto tra i giovanissimi
Un progetto che ha l’obiettivo di sensibilizzare il calcio ma anche gli altri sport rispetto ai rischi e ai problemi legati al consumo di bevande alcoliche soprattutto nella fascia giovanile In Italia. È questo il senso di Fyfa, un progetto portato avanti da Eurocare, associazione non governativa con sede a Bruxelles che si occupa di prevenzione e riduzione di problemi alcol-correlati. I problemi legati all’abuso di alcol sono del resto un’emergenza anche nel nostro Paese: come emerso nell’ultimo Alcohol Prevention Day il numero di consumatori di alcol a partire dagli 11 anni di età oscilla intorno ai 35 milioni: sono quasi nove milioni i consumatori a rischio, tra cui minorenni e anziani, 650 mila hanno un consumo “dannoso” o una dipendenza. Ne abbiamo parlato con Tiziana Codenotti, Presidente di Eurocare.
Presidente, come nasce e di che cosa si occupa Eurocare?
«Eurocare nasce nel 1990 per iniziativa di alcune organizzazioni europee che individuano in quegli anni la necessità di far sentire la voce della cittadinanza attiva rispetto ad un problema di salute pubblica importante e che riguarda sia gli aspetti sanitari che quelli sociali economici e di benessere delle comunità locali nazionali ed internazionali».
In che cosa consiste il progetto Fyfa di Eurocare?
«Il progetto Fyfa si prefigge l’obiettivo di sensibilizzare il mondo sportivo, il calcio ma anche gli altri sport rispetto ai rischi e ai problemi legati al consumo di bevande alcoliche soprattutto nella fascia giovanile: si rivolge a squadre di calcio frequentate da ragazzi minorenni o non per sensibilizzare anche chi si occupa di squadre di calcio su quelli che sono i rischi e i danni che il consumo di bevande alcoliche, soprattutto tra i giovanissimi per ragioni biologiche, può provocare. L’obiettivo è anche avviare un processo culturale che faccia sì che non sia più considerato normale il consumo di bevande alcoliche in qualunque contesto. Purtroppo i nostri ragazzi si trovano spesso in un contesto che enfatizza l’aspetto sociale e di divertimento legato all’alcol ma che non conosce o sottostima in maniera importante anche le conseguenze negative».
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In che percentuale gli eventi sportivi possono essere collegati ad un abuso di alcol?
«Sappiamo da studi che c’è un consumo molto elevato di bevande alcoliche attorno a queste manifestazioni. Ci sono studi che stanno misurando la concentrazione alcolica nel sangue dei frequentatori degli stadi e questo riguarda sia adulti che giovani, sostanzialmente c’è una percentuale intorno al 30-40% di consumatori di bevande alcoliche all’interno degli stadi e questo ha un’importanza sanitaria rispetto ai rischi ma anche di messaggio culturale che passa attraverso il quale noi diamo l’impressione che l’associazione tra alcol e sport dia un’immagine ai ragazzi di successo e di vigore correlato a questo comportamento, cosa che sappiamo essere una fake news».
Lo sport può contribuire a prevenire questa dipendenza?
«Assolutamente sì, lo sport deve essere uno degli ambiti preventivi sui quali è necessario lavorare in maniera importante».