«L’accessibilità alla maggior parte delle nuove prestazioni è un miraggio, dalle regioni silenzio ‘sospetto’ su copertura economica», il punto di vista del Presidente della fondazione GIMBE
A fronte del grande entusiasmo che nel marzo 2017 ha accolto la pubblicazione del DPCM sui nuovi LEA, alcune criticità attuative ancora oggi condizionano l’esigibilità di numerose prestazioni perchè il DPCM mancava di documentazioni tecniche rimandate a successivi atti legislativi senza una precisa tabella di marcia. In particolare, il cavallo di battaglia dei nuovi Lea nasceva già zoppo: ovvero, i nuovi nomenclatori per la specialistica ambulatoriale e protesica pubblicati in Gazzetta Ufficiale erano orfani delle corrispondenti tariffe, lasciando di fatto in vigore i vecchi nomenclatori tariffari sino alla pubblicazione di un decreto del Ministro della Salute. Tale carenza ha reso un lontano miraggio l’accessibilità alla maggior parte delle nuove prestazioni, la cui reale esigibilità in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale è soggetta alla revisione delle tariffe non ancora approvate dal MEF e rimane al momento legata alla disponibilità delle singole Regioni di erogarle in regime extra-LEA. Ad esempio, i pazienti con malattie croniche non possono fruire di numerose prestazioni specialistiche in regime di esenzione ticket perché il nuovo elenco delle malattie croniche (allegato 8) prevede l’esenzione per numerose prestazioni specialistiche incluse nel nuovo nomenclatore, ma al momento non erogabili. Ecco perché un elenco transitorio (allegato 8-bis) individua per queste patologie solo le prestazioni già presenti nel vecchio nomenclatore tariffario.
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L’accidentato iter dei nomenclatori è stato accompagnato da continue rassicurazioni sulla tabella di marcia, sia dell’allora Ministro Lorenzin (interrogazione parlamentare del 26 luglio 2017), sia del sottosegretario Faraone (question time in Commissione affari sociali del 26 ottobre 2017). E anche la scadenza fissata dalla Legge di Bilancio 2018, che disponeva l’adozione del decreto di fissazione delle tariffe entro il 28 febbraio 2018, è stata irrimediabilmente mancata.
Ecco allora insinuarsi il dubbio che le motivazioni che portano a tenere in ostaggio i nomenclatori tariffari siano ben altre. Infatti, a fronte di questo inaccettabile ritardo nella loro pubblicazione, il “silenzio” degli interlocutori istituzionali (Regioni in primis) legittima il ragionevole sospetto che manchi un’adeguata copertura economica. Infatti, nel 2018 la sostenibilità dei nuovi LEA – verosimilmente sottostimata ab origine – è stata ulteriormente compromessa: prima dal DM 5 giugno 2017 che, rideterminando il finanziamento del SSN, ha eroso € 423 milioni nel 2017 e € 604 milioni nel 2018 e nel 2019; poi con il DEF 2018 che prevede di destinare circa 1 miliardo di euro del finanziamento ordinario ai rinnovi contrattuali. Pertanto, senza un consistente sfoltimento (delisting) da parte della Commissione Nazionale e/o un adeguato rifinanziamento del SSN, il grande traguardo dei nuovi LEA rischia di trasformarsi in un’illusione collettiva con gravi effetti collaterali: allungamento delle liste d’attesa, spostamento della domanda verso il privato, aumento della spesa out-of-pocket, sino alla rinuncia alle cure.
Ecco perché, anche se la neo-Ministra Grillo ha annunciato l’intenzione del Governo di “coprire circa € 600 milioni per l’effettivo avvio dei nuovi LEA”, occorre porre fine all’inaccettabile paradosso in cui, rispetto agli altri paesi europei, i cittadini italiani dispongono sulla carta del “paniere LEA” più ricco di prestazioni, ma al tempo stesso il finanziamento pubblico pro-capite è agli ultimi posti!