Il desiderio di aiutare gli altri ha spinto quasi 70mila ragazzi a tentare la prova d’ingresso ad uno dei percorsi formativi più lunghi e complessi. Consapevoli di andare incontro a sacrifici e ad una vita difficile, non hanno dubbi: «Ne vale comunque la pena, è il lavoro più bello del mondo»
È l’Italia bella, quella del test di medicina. Una folla di neodiplomati che vuole intraprendere un percorso formativo lungo e difficile per poter aiutare gli altri. È questa la risposta che ci hanno dato più spesso, quando abbiamo chiesto loro perché volessero diventare medici. C’è chi sogna il camice bianco sin da piccolo e chi parla di vocazione; chi ha provato altre strade ma è tornato sui suoi passi perché gli mancava il contatto umano, e chi parla di passione, aspirazione e soddisfazione personale. Chi segue la strada percorsa dai genitori e chi non riesce proprio ad immaginarsi, tra 20 anni, in qualunque altro campo lavorativo. Ma la risposta più comune è il desiderio di rendersi utile per gli altri. «È quello che voglio fare, e se quest’anno va male ci riprovo l’anno prossimo, ma prima o poi ci riuscirò».
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Cuori colmi di altruismo e occhi che brillano di sogni, quelli dei quasi 70mila millennials che la scorsa settimana hanno tentato la prova di accesso più temuta: solo uno su sei riuscirà ad accaparrarsi un posto a medicina. Numeri da capogiro, considerando che ogni anno si diplomano circa 500mila studenti, ma non tutti scelgono la strada della formazione universitaria. E può risultar difficile capire le motivazioni che spingono così tanti giovani verso la vita del medico, quando ogni giorno si legge di aggressioni, turni massacranti, imbuti formativi e fuga dagli ospedali. Le loro risposte sono veri messaggi di speranza inviati ad un Servizio Sanitario Nazionale in equilibrio sempre più precario.
Poi, ci dicono due ragazze, c’è anche chi fa il test per moda, tanto per dire di averlo provato; o magari c’è chi è affezionato a serie tv che dipingono una vita ospedaliera ben lontana dalla realtà, lasciando in secondo piano i sacrifici necessari per arrivare ad indossare il camice bianco e dimenticando che la vita non è un film.
Ma molti ne sono consapevoli, e quando ricordiamo loro che in ospedale non è tutto rose e fiori, senza pensarci due volte dicono: «Certo, quella del medico è una vita piena di sacrifici, ma è la cosa più bella del mondo e ne vale comunque la pena».