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Freddi, scostanti, poco empatici e molto concreti. Con una vita normale, apparentemente “equilibrata”. Ecco l’identikit di un paziente alessitimico, una persona che ha un’estrema difficoltà nel percepire, esprimere e riconoscere le proprie emozioni. L’alessitimia è un disturbo della regolazione affettiva e, per questo, un fattore di rischio predisponente all’insorgenza di tanti disturbi psichiatrici maggiori. Il […]
Freddi, scostanti, poco empatici e molto concreti. Con una vita normale, apparentemente “equilibrata”. Ecco l’identikit di un paziente alessitimico, una persona che ha un’estrema difficoltà nel percepire, esprimere e riconoscere le proprie emozioni.
L’alessitimia è un disturbo della regolazione affettiva e, per questo, un fattore di rischio predisponente all’insorgenza di tanti disturbi psichiatrici maggiori. Il paziente perde il contatto con la propria vita emotiva, raramente si entusiasma o mostra un vivo interesse per qualcosa; spesso, conduce una vita piatta e con pochi stimoli.
Ai pazienti alessitimici il dottor Domenico De Berardis – psichiatra e psicoterapeuta presso l’ospedale di Teramo – consiglia un’efficace terapia cognitivo-comportamentale.
Dottore, che cos’è l’alessitimia?
«L’alessitimia è classificabile come un disturbo della regolazione affettiva le cui caratteristiche primariamente risiedono nell’incapacità di identificare e descrivere le proprie emozioni e questa incapacità si traduce poi in uno stile cognitivo molto concreto. Infatti, si tratta di persone molto concrete, con scarsa capacità empatica poco capaci di fare fantasie, fantasticare o avere un mondo interno. Questo è un fattore predisponente di un sacco di disturbi psichiatrici ma non solo: originariamente, l’alessitimia veniva studiata in psicosomatica perché si vedeva che i soggetti alessitimici manifestavano sintomi a carico dell’apparato intestinale e poi si è visto che, in realtà, è un tratto di personalità transnosografico e un fattore di rischio predisponente all’insorgenza di tanti disturbi psichiatrici maggiori, quasi tutti, nella mia esperienza clinica.
Qual è la terapia più indicata per chi ne soffre?
«In questa situazione, gli approcci farmacologici sono per lo più fallimentari: la terapia più indicata è quella di tipo cognitivo-comportamentale, anche di gruppo. L’importante è che il terapeuta preveda quattro o cinque sessioni focalizzate esclusivamente sulle emozioni».