«Dare un valore all’apprendimento non certificato è utile stimolo per professionista» così Franco Lavalle, vicepresidente OMCeO Bari e membro dell’Osservatorio Nazionale del’ Age.na.s
‘Accreditation of Prior Experiential Learning’ è l’espressione che in UK viene utilizzata per indicare il riconoscimento delle esperienze pratiche e teoriche che quotidianamente un professionista vive sul campo. Dare un valore all’apprendimento non certificato, quando è pertinente alla professione che si esercita, nel Regno Unito, come in altri paesi europei, è fondamentale per la crescita del professionista e per il riconoscimento della sua attività. «L’Italia vorrebbe seguire il percorso intrapreso dall’Europa» spiega ai microfoni di Sanità Informazione, Franco Lavalle, vicepresidente OMCeO Bari e membro dell’Osservatorio Nazionale dell’Age.na.s., intervistato in occasione delle ‘Giornate della Formazione medica’ organizzate dall’OMCeO Bari e dalla FNOMCeO.
La proposta arriva dalla Commissione mista Centro Studi e Area Formazione della Fnomceo e focalizza l’attenzione sull’esigenza di una rivalidazione delle conoscenze, dei progressi, delle qualifiche che il medico acquisisce nel corso della sua esperienza in studio, in corsia o in sala operatoria. Questa necessità nasce «da parte del medico per avere cognizione delle proprie capacità e da parte del paziente per conoscere le competenze del professionista che ha di fronte», prosegue il vicepresidente.
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«Un professionista dopo gli esami di Stato non si rivalida più – continua -, cioè non fa nessun atto che possa dimostrare che sia adeguatamente preparato per poter continuare a fare il proprio lavoro. Noi proponiamo una metodica che a livello sperimentale non è obbligatoria ed è fatta su base volontaria, attraverso cui ogni collega si può cimentare dimostrando cosa negli ultimi anni ha fatto a livello professionale e a livello curriculare».
Un report aggiornato con tutte le esperienze del professionista che certifichi le sue competenze non attraverso un meccanismo ECM ma anche grazie ad un «istinto scientifico che porti il medico ad avere quella abilità necessaria per essere sempre un professionista all’avanguardia nella cura dei propri pazienti».
Quali competenze? «Per esempio lauree successive, master di specializzazione, corsi di approfondimento, cioè attività professionali e professionalizzanti (non ECM), che possono inserirsi nell’ambito di un percorso che giungerà ad una valutazione indicativa utile al professionista per capire dove migliorare».
Qual è l’obiettivo? Questo meccanismo è utile al professionista «per formarsi essenzialmente nel proprio campo di competenza – prosegue il vicepresidente -. Indirizzarlo a migliorare sempre più la sua formazione lo porterà a mettersi a servizio dell’utenza in maniera più compiuta».
«Se la Federazione validasse questo meccanismo come qualcosa di utile e necessario – conclude Lavalle -, presto sul sito di ogni Ordine verrebbe pubblicata una piattaforma su cui ogni professionista avrebbe la possibilità di auto-valutarsi non in maniera punitiva ma in modo stimolante e costruttivo».