In occasione della Settimana Mondiale dell’Allattamento l’intervista a Riccardo Davanzo, pediatra dell’Istituto per l’infanzia Burlo Garofolo di Trieste, su ecosistema nocivo e nutrimento primigenio
Le sostanze dannose derivanti dagli agenti inquinanti presenti nell’ambiente, cui si è stati esposti nel corso della vita e, in particolare, durante i mesi della gravidanza, possono ritrovarsi all’interno del latte materno durante il periodo dell’allattamento. Si chiamano POP, sostanze organiche inquinanti persistenti, presenti nell’ambiente soprattutto in territori fortemente compromessi dall’inquinamento.
La letteratura scientifica però sostiene l’allattamento al seno nonostante la presenza di contaminanti in quanto correttivo di un eventuale danno prenatale riconducibile a tale esposizione. «Un neonato allattato al seno, seppure di una mamma vissuta in un ambiente inquinato, si svilupperà meglio da un punto di vista neurologico rispetto a un bambino che non può beneficiare del latte materno», spiega il dottor Riccardo Davanzo, Direttore Dipartimento Materno Infantile dell’ASM Matera, con cui abbiamo approfondito l’argomento in occasione della Settimana Mondiale dedicata all’allattamento materno.
Dottore, quali sono i fattori inquinanti che possono essere presenti nel latte materno?
«Gli inquinanti del latte materno sono sostanze solubili nel grasso, che si trovano nella parte grassa del latte umano prodotto dalla donna, al vertice della catena alimentare. Dipendono molto dal tipo di dieta che si pratica: più grassa o meno grassa. Soprattutto dipende dal fatto che uno viva in un ambiente inquinato oppure si alimenti di animali che sono stati allevati in ambienti inquinati. Si tratta di sostanze prodotte dall’industria chimica e li ritroviamo nella nostra vita quotidianamente. Alcune di queste sostanze sono liberate dai prodotti di combustione degli inceneritori e da centri industriali particolarmente inquinanti».
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Quali misure bisognerebbe prendere per limitare gli effetti dell’inquinamento sul latte materno?
«Il problema della presenza di queste sostanze nel latte materno non deve indurre ad allarmismi. Noi sappiamo che queste sostanze possono essere dannose però sappiamo anche che la soluzione non è quella di non allattare al seno perché al danno si aggiungerebbe un mancato beneficio, dal momento che, rispetto ai sostituti del latte materno, allattare al seno porta salute sia al bambino sia alla mamma. La soluzione è ridurre nell’ambiente la contaminazione quindi implica un approccio nazionale e di salute pubblica, con decisioni politiche. Naturalmente è importante continuare a studiare il latte materno e analizzarlo ma non solo negli ambienti che noi riteniamo contaminati ma in una maniera scientificamente corretta che ci dia delle informazioni rappresentative del territorio nazionale. Il latte è e deve continuare ad essere una spia dell’inquinamento ambientale e spingere il policy maker a prendere delle decisioni che siano un buon compromesso tra economia e salute pubblica».