Il Presidente di CIMO punta il dito contro le Regioni: «Non hanno accantonato le risorse, è una situazione incresciosa». Poi sottolinea: «Capisco che non ci siano soldi e che ci siano altre priorità, però quando la salute non c’è aumentano i costi e diventa un boomerang. La sanità è un fattore produttivo, non un costo»
«Se non vogliono rinnovare il contratto non si venissero a lamentarsi che mancano i medici…». È quasi amareggiato Guido Quici, presidente del sindacato CIMO, anche lui sceso in piazza Montecitorio a protestare per il mancato rinnovo del contratto della dirigenza medica e per l’inadeguato rifinanziamento del Fondo sanitario nazionale e pronto ad incrociare le braccia, il 9 novembre, prima giornata di sciopero della categoria. Quici è stato tra i primi ad annunciare che senza risorse aggiuntive non avrebbe firmato accordi al ribasso e ha da sempre puntato il dito contro le Regioni: «Non hanno accantonato le risorse – spiega Quici a Sanità Informazione -, tant’è vero che sono partite una serie di pec ai vari assessori per conoscere l’entità del finanziamento, e quindi degli accantonamenti 2016, 2017 e quota parte 2018. È una situazione incresciosa. Dopo dieci anni è davvero triste assistere a una mancata volontà di rinnovare il contratto, e credo sia la cartina di tornasole di quello che si vuol fare in sanità».
Presidente, la manovra ha stanziato 284 milioni per il contratto ma voi siete scesi in piazza…
«Certo, l’obolo che ci hanno dato, facendo un calcolo per il comparto sanitario, è di 33 euro pro capite, una inezia. Se questo serve per sanare il periodo che va da gennaio ad aprile del comparto e della dirigenza è un discorso, ma a noi mancano proprio le risorse perché le Regioni non le hanno accantonate. Tanto è vero che sono partite una serie di pec ai vari assessori per conoscere l’entità del finanziamento e quindi degli accantonamenti 2016, 2017 e quota parte 2018. È una situazione incresciosa. Dopo dieci anni è davvero triste assistere a una mancata volontà di rinnovare il contratto e io credo che il contratto nostro sia la cartina di tornasole di quello che si vuol fare in sanità: se i medici vanno in pensione per la ‘gobba’ pensionistica, o per quota 100, o vanno via perché vogliono andare in strutture private e sono fortemente demotivati, è chiaro che il mancato rinnovo del contratto accentuerà ulteriormente la fuga. Non si venissero a lamentare che mancano i medici. Se si rinnova il contratto, se si dà dignità alla nostra professione, sicuramente i colleghi lavoreranno con un po’ di entusiasmo in più, ma i benefici saranno per i cittadini, questo è fuori discussione. Noto da parte della politica in genere un disinteressamento totale, da parte delle Regioni altrettanto. Mi auguro che i cittadini capiscano la delicatezza del momento, perché se in questi dieci anni tutti i governi che si sono succeduti hanno decretato il declino della sanità pubblica, vorrei capire cosa voglia fare oggi questo Governo: se vuole continuare lo stesso percorso o se vuole dare una svolta definitiva. Capisco che non ci sono risorse, capisco che ci sono altre priorità, però quando la salute non c’è aumentano i costi e diventa un boomerang. Perché poi la sanità è un fattore produttivo, non è certamente un costo».
Ci sono state reazioni da parte delle istituzioni dopo l’annuncio del vostro stato di agitazione?
«Siamo stati convocati dalle Regioni. Però è davvero indegno che non siano state accantonate risorse per il nostro contratto quando lo prevede la Legge. Quando si tratta di far fare dei turni in più, o di far fare dei turni a cavallo tra più presidi ospedalieri, o quando si tratta di penalizzare la libera professione, o di introdurre strumenti tipo sanzioni disciplinari o altro, le Regioni sono bravissime. Quando si tratta di riconoscere diritti negati, allora fanno finta di nulla e sono latitanti. Quindi il problema con le Regioni è un problema serio, che va affrontato. Chiedono più soldi al Governo ma il Governo glieli aveva già dati, e non riesco a capire per quale motivo vadano bene per tutto tranne che per il rinnovo contrattuale dei medici, neanche del comparto. Quindi questo la dice lunga sulla volontà da parte delle Regioni e sulla loro visione rispetto al nostro mondo».
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