Presentato a Roma il 18° Rapporto della Fondazione da cui emerge che gli strati sociali più poveri spendono per curarsi un quinto di tutti gli altri. «Aziende farmaceutiche donino di più, la compartecipazione è un valore aggiunto non una perdita», così Sergio Daniotti, presidente del Banco
Un sistema sanitario pubblico che nasce universalistico ma che di universale, oggi, ha ben poco. A pochi giorni dal compleanno del nostro SSN, la presentazione del Rapporto 2018 sulla donazione dei farmaci ‘Donare per curare’ promosso dalla Fondazione Banco farmaceutico onlus e Bfresearch e realizzato dall’Osservatorio donazione farmaci, non lascia molto spazio ad altre considerazioni. Infatti dall’indagine emerge che, nel 2018, ben 539mila poveri non si sono potuti permettere le cure mediche e i farmaci di cui avevano bisogno. Si tratta mediamente del 10,7% dei poveri assoluti italiani.
Per le aziende farmaceutiche, la donazione di medicinali non dovrebbe più essere un’eccezione, ma «parte del proprio modello di sviluppo imprenditoriale» destinato al bene di tutti. Non ha dubbi su questo Sergio Daniotti, presidente della Fondazione Banco farmaceutico onlus. «Il nostro SSN è valido ma purtroppo non raggiunge tutti», prosegue Marcello Perego, membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Banco Farmaceutico. «Stiamo cercando di trovare formule più ampie possibili per arrivare alle persone più in difficoltà e per riuscire a raggiungere questo obiettivo stiamo chiedendo alle aziende di fare di più. Il primo punto è il dialogo, ovvero noi non vogliamo considerare le aziende come un soggetto estraneo, ma stiamo chiedendo di fare un percorso insieme a noi, capire quali sono i bisogni e capire come possiamo collaborare».
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«Per l’Agenzia italiana del farmaco, il cui obiettivo primario è la tutela della salute attraverso i medicinali, è fondamentale realizzare sinergie tra le Istituzioni, gli enti no profit e l’intera filiera del farmaco con l’obiettivo di eliminare quelle barriere socio-economiche, culturali e geografiche che possono ostacolare l’accesso alle terapie. Il bisogno terapeutico è uguale per tutti i cittadini e non può conoscere limitazioni», afferma il direttore generale dell’Aifa, Luca Li Bassi, commentando il Rapporto 2018.
Dal Rapporto inoltre emerge che a causa di spese più urgenti (perché non rinviabili), le famiglie povere destinano alla salute solo il 2,54% della propria spesa totale, contro il 4,49% delle famiglie non povere. In particolare, possono spendere solo 117 euro l’anno (con un aggravio di 11 euro in più rispetto all’anno precedente), mentre il resto delle persone può spendere 703 euro l’anno per curarsi (+8 euro rispetto all’anno precedente). Secondo l’indagine, per le famiglie indigenti la quota principale della spesa sanitaria è destinata ai medicinali: 12,30 euro mensili, pari al 54% del totale. Il resto delle famiglie destina ai farmaci solo il 40% della spesa sanitaria, perché investe maggiormente in prevenzione.
Sul versante spese odontoiatriche la situazione non è migliore: le persone indigenti spendono per i servizi odontoiatrici una media di 2,35 euro mensili, contro 24,83 euro del resto della popolazione. Dall’indagine emerge che la cattiva condizione del cavo orale è diventata «un indicatore dello stato di povertà economica e culturale». Nel Rapporto si legge che 5,66 milioni di famiglie e 13,7 milioni di individui risparmiano sulle cure, configurandosi come un vero e proprio comportamento di massa. Nel triennio 2014-16 la percentuale di italiani, tra le famiglie non povere, che ha limitato il numero di visite e accertamenti è passato dal 24 al 20%. La quota, invece, è aumentata tra le famiglie povere, passando dal 43,4% al 44,6%. Eppure, secondo la ricerca, i dati ufficiali indicano una progressiva divaricazione tra la spesa pubblica (in riduzione) e quella privata (in aumento). In particolare, la quota di spesa per assistenza farmaceutica non sostenuta dal Servizio sanitario nazionale e a carico totale delle famiglie sfiora il record storico, passando al 40,6% rispetto al 37,3% dell’anno precedente.