Per il 53% degli italiani tetti di spesa, linee guida e protocolli sono utili, ma al medico deve essere lasciata la libertà di decidere. Perché il rapporto è basato sulla fiducia. L’87% si fida del medico di medicina generale. Per il 72% è la prima fonte di informazione. E per il 45% è fondamentale la dimensione psicologica e relazionale
Gli italiani si fidano del medico. E sono sempre più alla ricerca di un’alleanza terapeutica in cui i camici bianchi rappresentino la garanzia della tutela della salute del paziente. È quanto emerge dalla ricerca del Censis «Il medico pilastro del buon Servizio sanitario», che è stata presentata oggi a Roma nell’ambito dell’evento della FNOMCeO «40 anni del Servizio sanitario nazionale. La conquista di un diritto, un impegno per il futuro». Un evento per celebrare l’anniversario della Legge 833, che istituiva il Servizio Sanitario Nazionale, approvata dal Parlamento a larghissima maggioranza nel 1978.
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«Lo studio dimostra, ancora una volta, che gli italiani si fidano del medico – commenta il presidente della FNOMCeO Filippo Anelli -. Una fiducia che si basa sul riconoscimento delle capacità del medico di individuare le cure migliori in autonomia, anche al di là del sistema di regole e vincoli imposti, per ragioni economiche, dallo Stato. Una fiducia che si esplicita nella scelta del medico come prima fonte di informazione sui temi di salute. Una fiducia che significa, anche e soprattutto, una relazione umana, che è parte integrante della relazione di cura. I cittadini vogliono un medico preparato, competente, e che si faccia carico dei loro problemi, delle loro esigenze, comprendendone anche il disagio, il dramma che la malattia provoca. Da questa indagine esce sconfitta la visione burocratica della Professione Medica, imbrigliata da lacci e lacciuoli, da linee guida e protocolli, intesi non come raccomandazioni ma come vincoli. Emergono invece, prepotenti e vincenti, i principi fondamentali di libertà, autonomia e indipendenza, scritti nel nostro Codice deontologico».
Secondo il 58%, medico e paziente devono collaborare nel prendere le decisioni sulle cure migliori (la quota è aumentata rispetto al 55,9% rilevato nel 2007). La percentuale è molto più elevata tra gli anziani (82,8%), che sperimentano più di tutti il valore di tale collaborazione nella gestione delle patologie croniche. Il 22,4% propende invece per un’asimmetria a favore del paziente, che decide da sé dopo aver ascoltato il medico (era il 10% nel 2007). Mentre il 19,6% è favorevole a una supremazia del medico, senza che il paziente abbia voce in capitolo (la quota era il 34,1% nel 2007).
L’87,1% degli italiani dichiarare di fidarsi del medico di medicina generale (la quota raggiunge il 90% tra gli over 65 anni), l’84,7% si fida dell’infermiere, mentre è molto più ridotta, sebbene ancora maggioritaria (68,8%), la quota di chi esprime fiducia nel Servizio sanitario nazionale. Lo stesso vale per gli odontoiatri. L’85,3% degli italiani ha un dentista di riferimento. Ed è proprio la fiducia l’elemento cardine che ne guida la scelta (per il 63,1%), prima ancora delle tariffe delle prestazioni (26,3%), la qualità dei materiali e delle tecnologie utilizzate (21%), la comodità nel raggiungere lo studio (17,1%) o le facilitazioni nei pagamenti (l’11,4%).
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Il riconoscimento della capacità del medico di individuare le cure migliori, grazie all’esercizio del suo libero giudizio clinico, va anche al di là del sistema di regole e di vincoli imposti dal Ssn (tetti di spesa, linee guida, protocolli), che possono interferire con l’autonomia del medico. La maggioranza degli italiani (il 52,8%) ritiene che procedure e opzioni di cura prestabilite devono ritenersi utili a dare indicazioni di massima, lasciando però al medico la libertà di decidere se e come applicarle. Il 38,7% sostiene l’utilità di questi strumenti al fine di uniformare le cure più appropriate riducendo la possibilità di errore. Il 19,4% ritiene che possano avvantaggiare i medici come strumenti di deresponsabilizzazione. Solo l’8,5% le giudica inutili, richiamandosi a una visione di totale autonomia del medico come unico arbitro. È residuale la percentuale di chi le considera solo un appesantimento burocratico di nessuna utilità (5,5%). Ancora più ampia è tra i laureati (54,9%) e le persone più anziane (54,6%) la quota di chi afferma la funzione di indirizzo non vincolante di tali strumenti, perché il medico è garante dell’interesse del paziente anche nei confronti del Servizio sanitario.
Non è un caso che, anche in un momento in cui le fonti informative si moltiplicano a dismisura, i cittadini continuino ad assegnare al medico la funzione di fonte informativa principale sui temi della salute. Il medico di medicina generale è la fonte numero uno (per il 72,3% degli italiani, in crescita rispetto al 66,3% rilevato nel 2008), seguono familiari e amici (31,9%), poi la tv (25,7%) e internet (il 23%, ma era solo l’8,7% nel 2008).
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Dalla rilevanza della personalizzazione delle cure e del rapporto fiduciario con il proprio medico emerge l’identikit del medico ideale secondo gli italiani. Per il 45,5% è fondamentale la dimensione psicologica e relazionale. Per il 42,3% il valore professionale, la conoscenza tecnica e l’aggiornamento scientifico. Per il 40,9% la disponibilità e la reperibilità anche grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie. Per il 39,6% il medico ideale è il garante del diritto alla salute del paziente, perché è pronto a difenderne l’interesse anche quando questo comporta scelte al di fuori delle indicazioni predefinite (protocolli, linee guida, vincoli di budget). Per il 37,5% inoltre deve essere meno attento agli aspetti burocratici (scrivere ricette, certificati, ecc.) dedicando più tempo all’ascolto dei pazienti.