Il caso esploso in Veneto dopo la morte di un anestesista, gli infettati sarebbero 18. Il tasso di mortalità è del 50%. L’infezione sarebbe partita da un macchinario per il riscaldamento del sangue
Il caso del “Mycobacterium Chimaera”, il cosiddetto batterio killer che sta allarmando il Veneto, travalica i confini regionali per diventare un caso di rilevanza nazionale. Oggi infatti il Ministero della Salute ha fatto sapere di essere in attesa di ricevere riscontro dalle Regioni sull’attività di monitoraggio. «Il ritardo – spiega una nota ministeriale – è probabilmente dovuto al fatto che il lungo periodo di incubazione e la scarsa specificità del quadro clinico rendono complessa e laboriosa l’identificazione di casi possibili che devono, comunque, essere confermati da indagini di laboratorio specifiche, non sempre disponibili per i casi individuati retrospettivamente».
La vicenda nasce all’ospedale San Bortolo di Vicenza dove all’inizio di novembre è deceduto un anestesista, Paolo Demo, stroncato dal batterio. Il medico era stato infettato due anni prima in sala operatoria, durante un intervento a cuore aperto di sostituzione della valvola cardiaca. Aveva saputo dai colleghi che il “killer” si era annidato nel macchinario per il riscaldamento del sangue, utilizzato dalle sale operatorie di Cardiochirurgia durante le procedure di circolazione extra corporea. Demo aveva allora tenuto un diario per documentare l’evolversi dell’infezione, lenta ma letale nel 50% dei casi. Alla sua morte, il memoriale è stato affidato dalla famiglia all’avvocato di fiducia. Il quale ha presentato un esposto alla Procura di Vicenza.
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Più tardi si è scoperto che le vittime del batterio killer in Veneto sarebbero sei compreso il medico: quattro a Vicenza, uno a Padova e uno a Treviso. In tutto 18 persone infettate. Sono tutti pazienti operati al cuore e trattati con la stessa strumentazione. Lo scorso 20 settembre il Ministero della Salute ha allora chiesto a tutte le Regioni di avviare un’analisi retrospettiva per individuare tutti i soggetti infettati da “Mycobacterium Chimaera” tra il 2010 e il 2018.
«Il Mycobacterium chimaera, comunemente conosciuto come ‘batterio killer’, – si legge nella nota del Ministero della Salute – è un batterio identificato per la prima volta nel 2004, diffuso in natura, presente soprattutto nell’acqua potabile e generalmente non pericoloso per la salute umana. Casi invasivi di M. chimaera sono stati riscontrati in Europa, e non solo, e sono stati associati all’utilizzo di dispositivi di raffreddamento/riscaldamento (Heater-Cooler Devices, HCD) necessari a regolare la temperatura del sangue in circolazione extra corporea durante interventi cardiochirurgici, per lo più per contaminazione dei pazienti tramite aerosol proveniente dall’acqua delle taniche dei dispositivi. Segni e sintomi sono generalmente aspecifici e comprendono affaticamento, febbre e perdita di peso. Non esiste una terapia stabilita e il tasso di mortalità è circa del 50%. Attualmente, l’entità dell’epidemia globale non è nota con esattezza».
Prima del decesso dell’anestesista di Vicenza, il 2 novembre scorso, l’Italia sembrava esclusa dall’emergenza di queste nuove infezioni. Il Ministero della Salute, alcuni mesi fa, all’interno della cornice istituzionale rappresentata dal Piano Nazionale di contrasto dell’antibiotico-resistenza (PNCAR) 2017-2019, ha avviato un’attività di valutazione del rischio per il nostro Paese allo scopo di emanare raccomandazioni specifiche. Questa fase preliminare include diverse azioni, tra cui: un approfondimento dei dati raccolti a partire dal 2016 dall’ISS che hanno evidenziato la circolazione del micobatterio anche in Italia, la richiesta alle regioni di dati relativi a eventuali casi, sporadici o in cluster, di infezione invasiva da Mycobacterium, anche attraverso un’analisi retrospettiva dei dati stessi; una verifica su Dispovigilance (sistema informativo per la rete nazionale di vigilanza sugli incidenti che coinvolgono dispositivi medici) di eventuali eventi riportati.