«Essere un paziente esperto significa saper interloquire con gli altri stakeholders allo stesso livello e con un linguaggio scientifico che serve per veicolare le istanze da paziente nella maniera più corretta e autorevole» così Paola Kruger, Paziente Esperto EUPATI
Patient Expert. Una nuova professione, valida ed innovativa, che nasce per “rappresentare” al meglio gli interessi dei pazienti, acquisire nozioni importanti sulla ricerca e lo sviluppo dei farmaci ed assumere un ruolo attivo nella propria malattia e non solo.
Abbiamo incontrato Paola Kruger, a margine della presentazione del 1° corso EUPATI in italiano per pazienti esperti, coordinato dall’Accademia dei pazienti Onlus che si occupa di diffondere il progetto a livello nazionale. La dottoressa Kruger, tra i cinque italiani a conseguire la qualifica di Paziente Esperto con il corso europeo EUPATI, ha iniziato spinta da un grande desiderio di «formazione ed informazione», perché affetta da Sclerosi Multipla. Oggi, con il ruolo di paziente esperto, si fa portavoce delle istanze e dei bisogni di tutti i malati, durante i numerosi eventi istituzionali e settoriali a cui partecipa.
Dottoressa, perché ha deciso di diventare un paziente esperto?
«Ho deciso di diventare paziente esperto perché quando arriva una diagnosi importante nella tua vita il tuo mondo cambia e vuoi capire di che cosa fa parte quel mondo. La necessità primaria è stata l’informazione e ho iniziato spinta da un grande desiderio di formazione. Il corso Eupati dà un’informazione completa su tutto il percorso di sviluppo di un farmaco e non solo: essere un paziente esperto significa saper interloquire con gli altri stakeholders allo stesso livello».
Quali sono i vantaggi e i benefici che può portare una formazione specifica di questo tipo?
«Con il corso di formazione acquisisci un linguaggio che è quello degli sperimentatori, il linguaggio scientifico, che serve per veicolare le tue istanze da paziente nella maniera più corretta e autorevole e ti dà la possibilità di partecipare ai tanti tavoli istituzionali dove la voce del paziente deve contare sempre di più».
Il paziente esperto può diventare una guida per pazienti meno informati e meno consapevoli e un supporto anche per i medici e professionisti sanitari?
«Sicuramente sì in tutti e due i casi. Per gli altri pazienti perché quello “esperto” si fa, in qualche modo, portavoce anche delle istanze degli altri; non possiamo pensare che tutti i pazienti diventino esperti, è una scelta personale, ci sono anche pazienti che non vogliono essere esperti e hanno tutto il diritto di farlo. Allo stesso modo, però, è importante che ci siano delle persone che si prendano invece l’incarico di rappresentarne le reali necessità. Io, personalmente, lavoro molto con i clinici e quindi posso dire che all’inizio il rapporto con il medico può essere difficile ma poi il professionista stesso si rende conto del reale supporto che può dare il paziente esperto. È d’aiuto anche a lui, è un valore aggiunto per il medico, non un contrasto».