La presidente dell’intergruppo parlamentare sulle malattie rare chiede all’esecutivo di fare di più in materia: «Slogan prossima giornata internazionale sarà “social care”, servono interventi per migliorare qualità della vita dei pazienti»
«Senza il nuovo Piano nazionale per le malattie rare tutte le misure previste rischiano di rimanere senza un coordinamento che ne assicuri la visione d’insieme». La senatrice Paola Binetti, Udc, presidente dell’intergruppo parlamentare sulle malattie rare, valuta con favore le ultime misure in materia introdotte in legge finanziaria, a partire dall’allargamento dello screening neonatale, ma chiede con forza l’approvazione di un nuovo piano nazionale, essendo il vecchio scaduto nell’ormai lontano 2016: «Salteremo il triennio 2016-2019, non si fa così. Non è che i piani sanitari sono a corrente alternata», spiega a Sanità Informazione. Poi chiede che si faccia più attenzione alla qualità della vita dei pazienti: «Le malattie rare – spiega Binetti – più di qualunque altra malattia hanno bisogno di una dimensione sociale negli interventi che si faccia carico di tutta quella linea non strettamente farmacologica ma che definisce la qualità di vita del paziente e molte volte è parte integrante di quello che è un processo di cura. Di tutto questo per esempio nei Lea non c’è parola».
Senatrice, lei recentemente ha detto che il governo è indifferente a questa tematica. Perché?
«Il governo non è indifferente sul piano delle affermazioni, è indifferente sul piano dei fatti. Lo dico facendo riferimento a tre cose molto concrete: siamo in attesa del piano nazionale delle malattie rare che è scaduto nel 2016. Salteremo il triennio 2016-2019, non si fa così. Non è che i piani sanitari sono a corrente alternata. La seconda riserva è che c’è un disegno di legge sullo screening neonatale allargato che abbiamo approvato all’unanimità nella legislatura precedente. Ciò che è emerso è che lo screening allargato ha una legge, ha un impatto positivo sull’opinione pubblica ma non è applicato in moltissime regioni. Questo dimostra come una cosa è approvare una norma, l’altro vigilare perché la norma diventi realtà. Terzo punto, ma non ultimo, la giornata internazionale delle malattie rare che si svolgerà quest’anno come sempre il 28 febbraio 2019: lo slogan della giornata sarà ‘social care’. Cioè le malattie rare più di qualunque altra malattia hanno bisogno di una dimensione sociale negli interventi che si faccia carico di tutta quella linea non strettamente farmacologica ma che definisce la qualità di vita del paziente e molte volte è parte integrante di quello che è un processo di cura. Di tutto questo per esempio nei Lea non c’è parola. Noi solleveremo questo problema in occasione della prossima giornata. Questo è il campanello d’allarme che vogliamo far risuonare con questo governo che in teoria è totalmente d’accordo ma noi vorremmo la pratica».
Il fondo sanitario sarà incrementato di un miliardo, che è quello previsto dal precedente governo, i sindacati ritengono insufficiente questo stanziamento. Voi cosa dite?
«Un miliardo, quando lo vai a dividere tra le regioni, ma soprattutto quando lo vai a suddividere tra gli obiettivi, è veramente poco. Intanto perché c’è il rinnovo del contratto dei medici: c’è stato lo sciopero dei medici, uno sciopero che ha avuto un grande successo, a cui hanno aderito la stragrande maggioranza dei medici e del personale sanitario. Il rinnovo del contratto mangerà una parte importante di questa quota. Poi c’è un altro aspetto che non è di meno conto che è quello di rendere le strutture adeguate a quelle che sono i nuovi bisogni di salute. Faccio un esempio semplice se volete. Bisogna spostare l’attenzione dall’ospedale al territorio, ma tra l’ospedale e il territorio c’è una struttura intermedia importantissima che è la medicina specialistica ambulatoriale. Se voi andate in qualunque posto negli ambulatori, anche dei migliori ospedali, quello che voi trovate è una serie di condizioni che non garantiscono in molti momenti la dignità e trovate soprattutto quel problema drammatico che sono le lunghissime code di attesa, i tempi di attesa per una visita specialistica. Se si vuole intervenire su tutti questi punti un miliardo è poco più che nulla».