«Ogni decisione terapeutica ha delle ripercussioni non solo sulla salute ma anche sui costi del SSN», sottolinea il vicepresidente della Società Italiana Medici Manager che aggiunge: «Importante permettere al cittadino di conoscere le strutture sanitarie in base ai dati sugli esiti e quelli che sono gli indicatori di qualità»
Difficoltà di accesso alle prestazioni e lunghe liste d’attesa spingono i cittadini a rinunciare alle cure o ad affidare al privato la propria salute. Nel 2017, infatti, la spesa sanitaria privata ha raggiunto i 40 miliardi di euro. Oltre a questo, il nostro sistema sanitario – nato quarant’anni fa per decisione dell’allora ministro della sanità Tina Anselmi – un servizio universalistico di garanzia delle cure, deve fare i conti con la corruzione, che consuma i fondi per le strutture, i farmaci e l’assistenza. Secondo Transparency Italia, la sanità rappresenta uno dei settori con più casi di corruzione; per questo motivo, il nuovo Governo sta lavorando al cosiddetto Sunshine Act, il provvedimento sulla trasparenza in sanità in discussione alla Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati.
Andrea Silenzi, vicepresidente della Società Italiana Medici Manager, ci ha elencato gli effetti positivi della trasparenza e del Public Reporting in sanità: permettere al cittadino di conoscere le strutture sanitarie basandosi sull’elaborazione di dati ufficiali e fattori come efficacia, sicurezza, appropriatezza e competenza, migliorano l’assistenza sanitaria. A suo avviso, oltre a combattere con forza la corruzione in sanità, ogni medico deve essere consapevole che ogni decisione terapeutica ha delle ripercussioni non solo sulla salute ma anche sui costi del SSN: un bene comune in sofferenza, che va protetto e difeso dagli sprechi.
Vicepresidente, parliamo di corruzione in sanità, un tema strettamente connesso con l’etica della professione. Il Sunshine act è in discussione alla Camera dei Deputati: lei che opinione ha di un provvedimento sulla trasparenza delle donazioni?
«La trasparenza è sicuramente qualcosa che fa bene alla sanità, lo vediamo dal punto di vista clinico gestionale; ci sono evidenze che il public reporting in sanità – ossia pubblicare i dati sugli esiti e quelli che sono gli indicatori di qualità delle organizzazioni sanitarie – migliora l’assistenza sanitaria. Allo stesso modo, la trasparenza permette a tutti di avere le stesse informazioni da condividere per poter fare delle scelte consapevoli. Dal punto di vista degli obiettivi sicuramente è qualcosa da perseguire – è uno strumento che sta avendo i suoi effetti positivi a livello internazionale – quello che deve essere fatto è, a mio avviso, non è solo rendere trasparenti i dati ma anche cercare di analizzare i risultati del rapporto che esiste tra il professionista sanitario e il privato, che però non deve essere demonizzato. Ricordiamoci che, soprattutto la ricerca e la formazione, vanno avanti, spesso, anche grazie agli investimenti e al supporto che il privato dà alla nostra sanità. Rendere trasparenti i dati sì ma anche i risultati, perché investire 10mila euro in un progetto di alta qualità non ha la stessa ricaduta che investirne altrettanti in attività di minor valore, discriminiamo anche il costo».
La corruzione in sanità ha un dato che pesa ancora; i dati di Transparency, sottolineano che non è percepito ancora come uno dei temi da affrontare con più energia, anzi, viene visto ancora in coda. Invece, quanto è importante combattere la corruzione in sanità?
«È fondamentale, non soltanto per il medico e professionista sanitario. Ormai sono 27 le professioni sanitarie riconosciute nel SSN ed è fondamentale avere la consapevolezza di quello che è lo status di conflitto di interessi che può essere diretto o indiretto in relazione alla posizione che si ricopre. Molto sta ad avere consapevolezza di quelle che sono le competenze etiche, di stewardship, ovvero essere custodi delle risorse. Ogni decisione terapeutica del medico, infatti, ha delle ripercussioni non solo sulla salute ma anche sui costi del SSN, che festeggia quest’anno i suoi 40 anni. Devono essere celebrati ma anche meritati da tutti i professionisti, conservando in salute un SSN che ha bisogno dei suoi professionisti in prima linea».