«Lo yoga applicato alla psicoterapia è uno strumento utile alla guarigione: insegna a coltivare la consapevolezza dell’interconnessione corpo-mente» così la Direttrice dell’Istituto A. T. Beck di Roma
«Mens sana in corpore sano», diceva il poeta latino Giovenale. E, in effetti, aveva ragione: tutti medici concordano nel ritenere il benessere mentale importante tanto quello fisico.
Ed è per questo che lo yoga è oggi una delle pratiche fisiche e spirituali più diffuse tra quelle esportate dall’Oriente e, in particolare, dall’India. Anche la scienza occidentale, le sedi accademiche e gli Istituti di salute hanno riconosciuto sempre di più lo stretto rapporto tra mente e corpo in una reciproca e continua influenza.
La dottoressa Antonella Montano, Direttrice dell’Istituto A. T. Beck di Roma, in un’intervista esclusiva a Sanità Informazione, ci ha raccontato la sua esperienza personale e ha spiegato con chiarezza come lo yoga o parti di esso possano essere d’aiuto nella pratica clinica.
Dottoressa Montano, lo yoga ha conosciuto negli ultimi anni una crescita inarrestabile di appassionati e praticanti in Occidente. Secondo lei quali sono le motivazioni?
«Lo yoga è una disciplina nata – si suppone – nel VII millennio a.C. Se è sopravvissuto tutti questi anni fino all’epoca moderna, è evidente che ci sono degli indubbi benefici che le scoperte scientifiche stanno confermando. Chi lo pratica, ha modo di constatare il potenziale effetto non solo sul corpo ma anche sulla mente. Ho potuto sperimentare personalmente tutti i benefici, decidendo di praticare l’hatha yoga per un anno, nonostante i miei impegni: il mio corpo aveva iniziato a stare meglio, erano spariti tutti i dolori. A tutto questo poi si collegavano i benefici psicologici di una pratica regolare. E così è entrato a far parte della mia vita e cerco di praticarlo tutti i giorni, con esercizi di respirazione o di meditazione. La conoscenza del corpo mi ha aiutato anche nella pratica clinica, consentendomi di sviluppare il felt sense e potendo spiegare ai miei pazienti quelle che ora vengono chiamate terapie bottom-up».
Quali sono, in generale, i benefici dello yoga, della respirazione e della meditazione, a livello fisico, mentale ed emotivo?
«Il focus sul processo bottom-up (tecniche che vanno dal corpo per arrivare alla mente, contrariamente a quelle top-down, come le terapie parlate, che vanno dalla mente al corpo) consente di porre l’enfasi sul movimento, il respiro e le sensazioni fisiche. Questo aiuta, ad esempio, chi ha subìto un trauma a regolare l’attivazione emotiva attraverso l’incremento della consapevolezza degli stati interni e la riorganizzazione delle risposte fisiologiche connesse ai sintomi. Lo yoga offre, dunque, un approccio aggiuntivo alle tecniche tradizionali per il lavoro su alcuni sintomi, dall’ansia al trauma complesso e crea nuovi percorsi di guarigione e crescita personale. Inoltre, la pratica dello yoga coinvolge sempre anche il respiro. Il respiro è sempre con noi, è un processo automatico, e spesso non siamo consapevoli di quanto possa cambiare a seconda del nostro stato d’animo. Ad esempio, quando siamo ansiosi, il respiro diventa corto. Prendere consapevolezza del respiro vuol dire prendere consapevolezza del collegamento tra l’interno (noi) e l’esterno (quello che accade). Come la mente influenza il respiro, il respiro influenza la mente, e dunque la può anche calmare e rendere più concentrata. Osservare e capire, durante gli esercizi, quanto il corpo, la respirazione e la mente lavorino all’unisono, rappresenta un grande passo verso il cambiamento e la guarigione».
Che cosa è lo yoga psychotherapy e in cosa consiste?
«C’è da fare una precisazione: quando si associa la parola yoga alla psicoterapia, spesso si tende erroneamente a vedere la disciplina solo nella sua accezione religiosa, quasi esoterica, olistica. Ma l’hatha yoga applicato alla psicoterapia diventa uno dei tanti strumenti utili alla guarigione. Insegna a coltivare la consapevolezza dell’interconnessione tra corpo e mente e a promuovere abilità di auto-regolazione. Tutto ciò si rivela molto utile nei pazienti che hanno subìto un trauma, specialmente un abuso fisico ed emotivo, perché il trauma viene trattenuto nel corpo. Ed è da lì che bisogna partire. Si può sperimentare, attraverso il respiro e le posture, come agire sulle emozioni e come apprendere abilità di accettazione e auto-regolazione. Le sequenze dello yoga vengono eseguite, specialmente in chi ha subìto un trauma, rispettando i tempi e i ritmi della persona che farà solo quello che è pronta a fare in quel momento. Si è visto inoltre come nelle donne che hanno subìto un trauma, che di solito si rivolgono pensieri di autocolpevolizzazione, vergogna e critica, lo yoga aiuti a cambiare questo tipo di linguaggio, rendendolo meno giudicante e persino promotore di accettazione verso di sé».
Tante palestre e centri fitness offrono corsi di yoga: sono validi o spesso si tratta di varianti “occidentalizzate” e c’è il rischio di distorcere i valori di una disciplina antica che nasce in un mondo diverso e lontano dal nostro?
«Dipende da chi lo insegna, dal grado di conoscenza dei maestri sullo yoga, l’anatomia, la fisiologia, i principi della medicina mente/corpo, le basi psicofisiologiche dello stress, oltre a quello che è necessario per il benessere dell’individuo, come alimentazione, stile di vita e sonno. Lo yoga è tutto, tranne che un’attività fisica. Non si può ridurre solo a questo. Il maestro deve essere curioso di leggere e approfondire, non solo i testi antichi, ma anche tutti i lavori scientifici aggiornati sull’evidenza di questa disciplina. È un lavoro paziente e perseverante che il maestro dovrà trasmettere per motivare l’allievo all’impegno e allo sforzo personale. La pratica dello yoga implica qualcosa in più rispetto all’applicazione di metodi e tecniche respiratorie. Comprende anche il saper veicolare la conoscenza e la curiosità ad approfondire individualmente. In una palestra non ci potrà essere una vicinanza così stretta con un insegnante esperto, come invece è nell’ambito della psicoterapia. Con questo non voglio sminuire l’importanza di un corso yoga condotto in una palestra: se fatto da un maestro competente avrà comunque i suoi benefici sul corpo e sulla mente. Ma l’uso che se ne fa in terapia è diverso. Il lavoro non procederà, come in una palestra, in linea retta ma progredirà a seconda della persona che abbiamo davanti, perché le saranno proposte le sequenze per lei più adatte, in base al disagio fisico ed emotivo che porta».
A quali pazienti del vostro centro consigliate lo yoga in psicoterapia?
«Nel nostro centro utilizziamo il Trauma Informed Yoga con una serie di sequenze da noi studiate che rappresenta un valido e prezioso strumento di terapia bottom-up. Organizziamo anche dei corsi di Trauma Informed Yoga insieme alla Onlus Il Vaso di Pandora. La Speranza dopo il Trauma , condotti in piccolissimi gruppi per chi ha subìto un trauma psicologico o fisico».