«Apprendiamo dagli organi di stampa che l’Osservatorio nazionale per le professioni sanitarie ha definito, dopo sei anni di lavoro, i 90 master universitari specialistici destinati alle 22 professioni sanitarie, riorganizzando così un comparto che vede impegnati oltre 650mila operatori. Ma leggiamo che ci sarebbe anche la volontà di delineare ‘a monte’ gli ordinamenti dei nuovi […]
«Apprendiamo dagli organi di stampa che l’Osservatorio nazionale per le professioni sanitarie ha definito, dopo sei anni di lavoro, i 90 master universitari specialistici destinati alle 22 professioni sanitarie, riorganizzando così un comparto che vede impegnati oltre 650mila operatori. Ma leggiamo che ci sarebbe anche la volontà di delineare ‘a monte’ gli ordinamenti dei nuovi master, oltre a contingentare un numero prefissato di posti disponibili. In ciò ravvisiamo profili di estrema criticità e qualora venisse confermata tale intenzione, ci riserviamo ogni azione al riguardo». Così Antonio De Palma, presidente del sindacato degli infermieri Nursing Up, commenta la notizia della conclusione dei lavori dell’organismo ricostituito presso il Miur con il decreto interministeriale del 10 marzo 2016.
«Difendiamo la libertà di ogni professionista di decidere il proprio percorso di master – spiega De Palma – scegliendolo nell’ambito dell’offerta formativa delle università. Bene il lavoro svolto dall’Osservatorio, ma per il futuro non si dimentichi che la Legge 43 del 2006 (che prevede la laurea triennale seguita da due tipologie di master di primo livello, uno per le funzioni di coordinamento e l’altro per le funzioni specialistiche) non riconosce in alcun modo la titolarità dei contratti di lavoro nell’individuazione delle caratteristiche dei master che consentono l’accesso alle funzioni specialistiche per gli infermieri. Risulterebbe ridondante in quanto la L. 43/2006 si è già occupata di delinearne chiaramente e in modo inequivocabile sia la titolarità, che è solo delle università, sia le modalità per ordinamentarli, e cioè secondo le previsioni del decreto ministeriale 270 del 2004».
«In nessun modo una fonte normativa di secondo livello, quale è il Ccnl, può ingerire, peraltro in maniera restrittiva, rispetto a tali previsioni. Viceversa – avverte il presidente Nursing Up – proprio sulla base del contratto nazionale di lavoro del 23 febbraio 2018 (art. 16 comma 7), sembra che qualcuno stia pensando non solo di regolamentare con decreto interministeriale e previo parere dell’Osservatorio nazionale per le professioni sanitarie i master relativi ai 22 profili dell’area sanitaria, ma addirittura intenderebbe regolamentare anche il numero di posti annui a disposizione degli atenei, come avviene per i corsi di laurea, sulla base delle esigenze del Servizio sanitario nazionale, pur essendo soggetti a tutt’altra normativa. Cosa che riteniamo assurda in quanto in nessun’altra professione viene imposto all’università come e quanti corsi di master possano istituire, violando in tal modo la libera e univoca autodeterminazione degli atenei».
«Inoltre, cosa per noi più grave – attacca De Palma – non si è mai visto un decreto interministeriale che regolamentasse una materia erga omnes dando esecuzione a ciò che prevede un contratto di lavoro che vale solo per la sanità pubblica. È comprensibile dunque l’allarme dei nostri infermieri che lavorano nel privato, i quali ci chiedono cosa accadrebbe se il prossimo Ccnl della sanità privata dovesse prevedere, diversamente da quello della sanità pubblica, che i master per acquisire la qualifica di specialista nelle cliniche private avesse dei requisiti differenti da quelli previsti per le aziende pubbliche. Tutto ciò andrebbe a creare caos e difformità di trattamento tra professionisti». Per cercare di chiarire questa situazione e soprattutto per evitare un disastro annunciato, il sindacato di categoria scriverà nei prossimi giorni ai ministri dell’istruzione, dell’Università e della Ricerca e al ministro della Salute.