A Roma il 16esimo Report Ospedali&Salute. Un italiano su tre insoddisfatto dell’SSN, 50% ricorre a Pronto soccorso per ridurre tempi di attesa. La presidente dell’Associazione Italiana Ospedalità Privata sottolinea: «Governo ha iniziato bene». «I tetti di spesa per la sanità privata accreditata saranno rivisti sicuramente», annuncia il Sottosegretario alla Salute Luca Coletto
“Un popolo in attesa”. Può essere riassunto così il 16esimo Rapporto “Ospedali&Salute” realizzato per Aiop, Associazione Italiana Ospedalità privata, da Ermeneia. L’espressione si riferisce a una delle disfunzionalità più evidenti del nostro Sistema sanitario nazionale, le liste d’attesa, problema che ha coinvolto 19,6 milioni di italiani e che viene definita “esperienza sociale diffusa” nel rapporto. Ma anche l’occasione per un focus su un altro tema di attualità, quello degli accessi impropri al Pronto Soccorso: oltre il 50% degli italiani ricorre ai dipartimenti di emergenza quando non trova una risposa dalla medicina territoriale. Dati che si riflettono nel giudizio che gli italiani hanno del SSN: uno su tre si dichiara infatti insoddisfatto del Servizio sanitario della propria regione, soprattutto degli ospedali (32,6%) e delle Asl (28,6%).
Tante le personalità presenti alla presentazione che si è svolta a Roma nella splendida cornice della Sala Capitolare presso il Chiostro del Convento di Santa Maria sopra Minerva presso il Senato della Repubblica. Due i membri del governo presenti: il Sottosegretario alla Salute Luca Coletto, il sottosegretario alle Infrastrutture e Trasporti Armando Siri, il Presidente della Commissione Sanità del Senato Pierpaolo Sileri e il deputato M5S Giorgio Trizzino, medico e membro della Commissione Affari Sociali della Camera.
Per la presidente Aiop Barbara Cittadini, al suo primo Rapporto Ospedali&Salute, un’occasione anche per rivendicare il ruolo dell’associazione su alcuni provvedimenti contenuti nell’ultima legge di Bilancio: «È un percorso iniziato con un nuovo governo ed è un percorso che a mio avviso è iniziato bene – sottolinea a Sanità Informazione Barbara Cittadini – Noi abbiamo vissuto in questi ultimi anni un problema con il decreto legge 95, perchè il dl 95 è un decreto che nasce in una fase emergenziale del paese, la fase della spending review e in quel contesto, con il senso di responsabilità che ci caratterizza, abbiamo compreso che andava adottato un tetto anelastico alle nostre aziende. Ma le leggi emergenziali vanno bene nel periodo dell’emergenza, quando diventano strutturali tendono a deprimere dal punto di vista qualiquantitativo un sistema. Questa legge di bilancio, anche se in maniera complicata nella sua fase implementativa, consente alle regioni con una serie di cautele di derogare dal dl 95. Per noi è un risultato politico importante ma non tanto per noi, aziende di diritto privato, quanto per gli italiani. Perchè se noi abbiamo 20 milioni di italiani che chiedono prestazioni e una spesa out of pocket che cresce e una mobilità sanitaria che cresce, è fuor di dubbio che servano un numero maggiore di prestazioni e quindi chi ha l’onere e l’onore di governare questo paese si è reso conto che doveva modificare quel tetto».
«Il mondo ci invidia il nostro Sistema sanitario nazionale per le sue caratteristiche che sono il solidarismo e l’universalismo – continua Cittadini – Certo oggi comincia a mostrare delle criticità. Noi in qualità di componenti di diritto privato del Servizio sanitario nazionale siamo pronti a dare il nostro contributo per ridurre le liste d’attesa. Ci siamo confrontati al Ministero con la parte tecnica e abbiamo richiesto un tavolo che a questo punto dev’essere politico in cui si operano delle scelte di programmazione. Siamo nelle condizioni di poter dare prestazioni in tempi rapidi con una qualità verificabile e con costi certi. Il Ministero indiscutibilmente avrà fatto una mappatura delle esigenze sul territorio nazionale. Noi abbiamo una rete di aziende su tutto il territorio nazionale che è pronta a mettersi al servizio dell’Italia per garantire agli italiani un diritto che ancora oggi è tutelato dalla nostra Costituzione, il diritto alla salute»
«I tetti di spesa per la sanità privata accreditata saranno rivisti sicuramente, all’interno del quadro generale. La volontà è quella di implementarli per migliorare e snellire le liste di attesa e tutto il sistema sanitario. Una volta firmato il Patto per la salute, si dovrà arrivare a scrivere una legge che possa dare la possibilità e gli stimoli necessari e sufficienti per rendere migliore un servizio già molto buono» ha sottolineato il Sottosegretario alla Salute Luca Coletto. Secondo l’Aiop andrebbe rimosso il limite di spesa imposto dalla spending review del 2012, anche per consentire il rinnovo dei contratti nazionali per quei lavoratori che operano nella componente di diritto privato del Ssn. «Naturalmente – spiega Coletto – questo passaggio deve essere fatto insieme alla Regioni, con la finalità unica di dare un servizio sempre migliore ai pazienti. Il Patto della Salute è una grande opportunità, come lo è stato la scorsa volta, e lo sarà anche questa volta. Daremo un vestito nuovo alla sanità, riprogrammando, revisionando e ristrutturando questo Ssn. Si tratta di modulare un tetto ormai passato, del 2012, e io penso che gestendolo al meglio si potrebbe addirittura spendere meno e avere migliori servizi». Il sottosegretario ai Trasporti e alle infrastrutture Armando Siri ha inoltre parlato del governo «come di un alleato e un interlocutore attento, per cui mi impegno a superare i limiti imposti dai precedenti governi, che cercheremo di smantellare compatibilmente con il quadro d’insieme».
LISTE D’ATTESA
Secondo il rapporto, nell’ultimo anno, circa 20 milioni di italiani (il 38,7% della popolazione adulta) hanno sperimentato la criticità delle liste d’attesa per accedere a prestazioni specialistiche, o per un ricovero in ospedale.
Nell’ultimo anno, le liste d’attesa più lunghe – oltre i 60 e fino a 120 giorni – hanno interessato il 35,6% degli utenti per le visite specialistiche, il 31,1% per i piccoli interventi ambulatoriali, il 22,7% per gli accertamenti diagnostici e il 15% per i ricoveri in ospedale pubblico per interventi più gravi. Sono significative anche le attese tra i 30 e i 60 giorni, in particolar modo per l’accesso a visite specialistiche, accertamenti diagnostici e ricoveri, che hanno riguardato rispettivamente il 22,6%, 20% e 18,3% degli utenti.
Le liste d’attesa rappresentano, per i cittadini, una rilevante inefficienza del SSN, non solo perché generano ansie e disagi ai pazienti e alle loro famiglie, ma soprattutto, perché sono la prima causa di rinuncia alle cure (51,7%, +4,1 punti rispetto al 2017), e concorrono ad alimentare, da un lato la spesa out-of-pocket, dall’altro la mobilità sanitaria, aumentando, ulteriormente, le diseguaglianze tra regioni.
Oltre il 30% degli utenti, infatti, per accedere più rapidamente a una visita o a un esame, sceglie di rivolgersi ad altre strutture, di pagare privatamente le prestazioni o ricorrere ad ospedali in altre regioni.
L’USO IMPROPRIO DEL PRONTO SOCCORSO
Oltre la metà degli italiani in lista d’attesa (10,6 milioni) ha vissuto almeno un’esperienza di accesso al Pronto Soccorso – che, in generale, ha riguardato quasi un terzo della popolazione adulta, pari a 14,5 milioni di persone –, registrando, nel 20,7% dei casi, ulteriori attese, in media tra le 3 e le 10 ore prima di essere visitati. Concorre ad alimentare questo fenomeno, l’uso improprio del Pronto Soccorso, diventato un escamotage per accedere più rapidamente alle prestazioni sanitarie. Oltre il 50% degli italiani, infatti, ricorre ai dipartimenti di emergenza quando non trova una risposta dalla medicina territoriale; mentre, in più di 1 caso su 4, tenta, direttamente, la strada del Pronto Soccorso come soluzione per ridurre i tempi di accesso a visite, accertamenti diagnostici e ricoveri, con tutte le conseguenze negative che ne derivano rispetto all’affollamento degli ospedali, costretti a far fronte a un numero crescente di pazienti, in molti casi senza avere le risorse e gli strumenti adeguati.
Per quanto riguarda l’utilizzo dei Pronto Soccorso, pertanto, il fenomeno più rilevante sono gli accessi impropri, legati alla convinzione di poter avere risposte più rapide ed efficaci: il 28,2% di coloro che vi si sono recati nell’ultimo anno, lo ha fatto in presenza di un disagio non grave; mentre il 6,9% lo ha fatto per la mancata reperibilità del medico di famiglia, per l’insorgere del problema di salute fuori dall’orario di visita o nel fine settimana. Dato che trova riscontro nel fatto che, nel 70% dei casi, la prossimità al domicilio è il primo criterio di scelta dell’ospedale.
A causa dell’afflusso eccessivo e delle attese che ne derivano, il 24,4% degli utenti lamenta una scarsa soddisfazione del servizio di Pronto Soccorso, percentuale che sale al 36% nel Mezzogiorno. Non sorprende, allora, che più di un terzo dei cittadini (34,5%) ritenga necessario individuare soluzioni per limitare le attese nei Pronto Soccorso situati negli ospedali pubblici, anche tramite il ricorso alle strutture private accreditate, che potrebbero offrire tale servizio, se incluse nella Rete regionale di emergenza/urgenza.