Evento Consulcesi al Ministero della Salute con FNOMCeO, Fnopi, Agenas, Cittadinanzattiva e molte altre istituzioni della sanità: «Un Arbitrato della Salute per ridurre il contenzioso tra sanitari e cittadini. Medico in regola con formazione riduce del 40% il rischio di contenziosi». Anelli (presidente FNOMCeO): «Noi medici ci dobbiamo impegnare sulla qualità. La formazione universitaria ed ECM è una garanzia per noi e per i pazienti»
Il rapporto medico-paziente è sempre più in crisi: lo dimostra l’escalation di aggressioni e denunce di cui sono vittime i camici bianchi, in un clima d’odio che sta compromettendo anche la necessaria alleanza terapeutica. Argomento al centro della conferenza stampa al Ministero della Salute organizzata dal Gruppo Consulcesi, network legale leader in ambito sanitario, che si è già mobilitato attraverso una petizione che viaggia verso le 30mila firme e un appello al Capo dello Stato affinché si ponga fine a quella che è una vera e propria “caccia al medico”.
Partendo dall’analisi statistica del contenzioso legale medico-paziente in Italia stilata da Consulcesi, è emersa la necessità di istituire un luogo di confronto, e non di contrapposizione, per la risoluzione delle controversie: l’Arbitrato della Salute. Altro tema al centro della giornata è stato quello dell’aggiornamento ECM, strumento indispensabile per ridurre il rischio sanitario e, di conseguenza, i contenziosi. Secondo i dati Consulcesi, infatti, i medici correttamente formati incorrono nel 40% in meno di cause.
Dopo il saluto istituzionale del sottosegretario alla Salute, Armando Bartolazzi, la proposta è stata discussa assieme ai rappresentanti delle massime istituzioni sanitarie, tra cui il Presidente FNOMCeO, Filippo Anelli, e il Presidente della Commissione Sanità del Senato, Pierpaolo Sileri, e delle associazioni rappresentative dei pazienti, con l’intervento del Vicesegretario generale di CittadinanzAttiva, Francesca Moccia e delle Professioni sanitarie rappresentate dalla Vicepresidente della FNOPI Ausilia Pulimeno.
«Ritengo che non ci sia occasione e parterre più adeguato per parlare di un’eccellenza tutta italiana: la sanità – afferma Massimo Tortorella, Presidente del Gruppo Consulcesi -. Da imprenditore “migrante” europeo, da anni all’estero, ho avuto esperienze dirette insieme alla mia famiglia di come funzionano (e non funzionano…) gli altri sistemi sanitari nazionali. E pur avendo come termini di paragone Paesi ricchi e all’avanguardia, come ad esempio Inghilterra e Svizzera, posso tranquillamente affermare che i nostri medici e tutti gli altri operatori sanitari siano i migliori. Il problema è che in Italia i professionisti della sanità devono confrontarsi tutti i giorni con la paura. La paura delle aggressioni, delle denunce e della conseguente gogna mediatica, economica e professionale che deriva da liti temerarie. Perché di liti temerarie si tratta, visto che il 95% di queste cause finisce in un nulla di fatto. Per questo, dopo aver messo tutti attorno allo stesso tavolo, anche Cittadinanzattiva, il più autorevole rappresentante dei pazienti – conclude Tortorella – facciamo appello alle istituzioni affinché si istituisca l’Arbitrato della Salute attraverso un apposito disegno di legge».
«La proposta dell’Arbitrato della Salute – sottolinea Francesco Del Rio, avvocato di Consulcesi & Partners – nasce dall’idea di coinvolgere tutte le parti in causa, invitandole a ricercare, con l’ausilio necessario delle migliori professionalità del mondo giudiziario, legale, medico-legale, assicurativo e psicologico, una soluzione conciliativa davvero condivisa».
I NUMERI DEL CONTENZIOSO LEGALE MEDICO-PAZIENTE. Secondo dati della Commissione Parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari (2013), in Italia sono 300mila le cause giacenti nei tribunali contro i dottori e le strutture sanitarie private e pubbliche, 35mila nuove azioni legali vengono intentate ogni anno ma il 95% dei procedimenti penali per lesioni personali colpose a carico di esercenti le professioni sanitarie si conclude con un proscioglimento. Le denunce vengono presentate principalmente al Sud e nelle Isole (44,5%); al Nord la percentuale scende al 32,2% mentre al Centro si ferma al 23,2% (fonte Osservatorio Sanità, Ania, Marsh Risk Consulting, 2013). Le aree maggiormente a rischio contenzioso sono quella chirurgica (45,1% dei casi), la materno-infantile (13,8%) e quella medica (12,1%). Per quanto riguarda i costi necessari ad intraprendere queste azioni legali, partendo da una richiesta risarcitoria media di 100mila euro, per una causa civile servono 50.128 euro, se si tratta di penale, invece, sono necessari 36.901 euro. In entrambi i casi, le cifre sono da intendersi per ciascuna delle parti coinvolte nel procedimento (fonte: “Determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense ai sensi dell’art. 13 comma 6 della legge 31 dicembre 2012 n. 247 aggiornati al DM n. 37 dell’8/3/2018”).
2 MEDICI SU 3 SI SENTONO A RISCHIO. Numeri che non lasciano indifferente la categoria: sempre secondo la Commissione Parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari, il 78,2% dei medici ritiene di correre un maggiore rischio di procedimenti giudiziari rispetto al passato; il 68,9% pensa di avere tre probabilità su dieci di subirne; il 65,4% ritiene di subire una pressione indebita nella pratica quotidiana a causa della possibilità di subire un processo.
CHE COS’È L’ARBITRATO DELLA SALUTE. L’Arbitrato della Salute vuole rappresentare il luogo di recepimento di tutte le istanze che riguardano l’intera attività sanitaria, pubblica e privata, fornita alla cittadinanza, comprese le modalità relative al suo concreto svolgimento e le possibili controversie che possano insorgere fra il personale sanitario, le strutture ed i pazienti, relativamente a casi con responsabilità medico-sanitaria, senza alcun limite nell’entità del risarcimento. Un organismo libero, indipendente ed imparziale, sia nello svolgimento delle sue funzioni che nell’adozione delle decisioni.
DALLE VIOLAZIONI DELLE DIRETTIVE UE ALLA FUGA ALL’ESTERO: CAMICI BIANCHI IN CRISI. Oltre ai numeri allarmanti relativi al contenzioso legale tra medici e pazienti, sono numerose le questioni irrisolte che mettono in crisi i camici bianchi italiani. Dai casi di violazione delle direttive UE – come la vicenda degli ex specializzandi tra il 1978 e il 2006 che non hanno ricevuto dallo Stato italiano il corretto trattamento economico, o il mancato rispetto delle regole sull’orario di lavoro – fino alla disparità retributiva che subiscono durante la formazione i Medici di Medicina Generale, l’elenco sembra non avere mai fine. Di fatto, il medico in Italia sta diventando una figura a rischio di estinzione a causa dell’applicazione indiscriminata del Numero Chiuso, l’imbuto formativo dovuto alla carenza di posti per le scuole di specializzazione e il progressivo pensionamento dell’attuale classe medica. Per questi motivi, secondo dati Enpam-Eurispes, nell’arco di 10 anni (2010-2015) oltre 10mila camici bianchi hanno messo lo stetoscopio in valigia e sono andati all’estero.